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La penna degli Altri 16/10/2011 11:52

LA CINQUINA 2. Vucinic gol, ma il re è Floccari

Per il risultato certo, ma anche e soprattutto per il modo in cui è arrivato. E per la gioia, profonda e pura, che ha provocato in qualsiasi romanista. Una vittoria talmente grande da far dimenticare, per 90 minuti, tutto a tutti. Cose di calcio e non. Un derby sognato, temuto alla vigilia, con la Roma che si giocava lo scudetto e la Lazio - ma qual è la novità? - chiamata alla partita della vita per vivere poi di luce riflessa: salvarsi e frenare il sogno della Roma.

Speravano, loro, di fare bottino pieno e quando Rocchi ha segnato proprio sotto la Sud la speranza si era fatta quasi certezza: un primo tempo pessimo della Roma, e opachi, la Nord che cantava e ci credeva. Nell’intervallo, quando Ranieri toglie i due giocatori più importanti, per loro era solo goduria che stava per diventare orgasmo puro al momento del rigore di Floccari. Sotto la sua gente. E invece no: Julio Sergio para.

E in quel momento la Roma vince il derby, anche se serviranno due gol di Vucinic - che bel sorriso, Mirko, che avevi quel giorno - a certificare tutto. Cioè che la Roma aveva vinto. E che loro, invece,loro che erano stati caricati da oltre 5mila tifosi a Formello il giorno prima, volevano vince. Ma... Ma, appunto. C’era qualcosa di strano, quel giorno.

Qualcosa che avvertivi nell’aria fin dalla mattina: si sapeva che sarebbe stata una giornata storica. Riti e scaramanzie come sempre, ma in ballo c’era veramente qualcosa di importante. Ecco perché quando il pullman della Roma ha lasciato Trigoria molti giocatori, con le cuffie alle orecchie, guardavano dal finestrino in modo diverso dal solito. Cercando di catturare con gli occhi tutte le istantanee di quel giorno. Le bandiere che sventolavano dai motorini, gli applausi, le sciarpe, i baci e i sorrisi quel giorno - proprio quel giorno - erano diverse dal solito. Ti davano una forza mai avuta prima. E messa in mostra solo nel secondo tempo di quello storico diciotto aprile. La Lazio era passata in vantaggio al 13’: gran pallone di Ledesma che scavalca la difesa giallorossa e arriva a Rocchi che lo lascia rimbalzare, aspetta l’uscita di Julio Sergio, e lo batte di . La reazione della Roma c’è ma sembra non produrre risultati. Dieci minuti dopo il vantaggio è ancora Rocchi, in buona posizione, a scattare sul filo del fuorigioco cadendo poi in area dopo un contatto veniale con Burdisso. La Lazio vuole il rigore, Tagliavento dà il corner. La Roma prova a giocare ma tenta troppo la percussione centrale e non crea pericoli. Si va al riposo col vantaggio dei biancocelesti che dominano un derby tutt’altro che spettacolare. Nel secondo tempo cambia tutto. Fuori e , dentro Taddei e Menez.

Al 2’ fallo di Cassetti su Kolarov, Tagliavento assegna il rigore: Floccari calcia centrale, Julio Sergio respinge. C’è un video in cui si può vedere che il giallorosso era sicuro di pararlo, quel rigore. Lo dice a Floccari, lo dice idealmente sia ai tifosi della Lazio sia, soprattutto, a quelli della Roma.

E’ da quel momento che la Roma ritrova il coraggio e si getta all’attacco. Al 6’ rigore per la Roma per fallo di Kolarov su Taddei, simile a quello fischiato in precedenza per la Lazio. Batte Vucinic e pareggia. Tutt’altra ripresa rispetto al primo tempo, la Roma si è svegliata e la Lazio c’è. Al 18’ Menez si conquista una punizione dal limite: batte Vucinic, la palla passa attraverso la barriera, Muslera immobile e 2-1 per la Roma. Reja cambia: fuori il nervoso ma efficace Lichtsteiner e dentro l’inutile Zarate, poi dentro Cruz al posto di Floccari. La Lazio spinge, la Roma - sostenuta e stretta intorno ai suoi tifosi che non smettono un attimo di cantare - tiene e vince e stravince il secondo derby di fila. Al 44’ espulso Ledesma per un applauso ironico all’arbitro. Cinque minuti di recupero, cinque minuti di sofferenza.

Poi il fischio finale e parte la festa. Una festa che partita di pomeriggio va avanti fino a notte fonda perché una serata così bella meritava di essere vissuta cento volte. E perché doveva fare di nuovo il pollice in giù: non una, ma cento volte, prima di essere sommerso dall’abbraccio di Menez, mai così sorridente.

Altri flash indimenticabili: Toni impazzisce, e Julio Sergio neanche a parlarne, Tonetto fa foto e filmini perché questa notte è ancora nostra. Come a dicembre. Come per altre tre - meravigliose - volte. La Sud di svuotarsi non ne vuole sapere. Che senso ha andarsene mentre Julio Sergio prende sotto braccio il , Pizarro si denuda e Mexes prende tutti a pizze in testa? E pensare che quella serata sembrava stregata: la coreografia, con Giulio Cesare col pollice in giù (da un mito all’altro), non ne voleva sapere di scendere, tanto che si vedevano, durante quella musichetta che loro usano come inno, solo i cartoncini giallorossi. Per questo è stata rimandata a metà del primo tempo. All’inizio del secondo, poi, ne era pronta un’altra: un lupo che sottomette un’aquila. Se non è destino questo... La Roma ha vinto. Anzi, Roma ha vinto. Vaglielo a spiegare, a loro. Che a dieci minuti dalla fine già abbandonavano lo stadio. Con gli occhi bassi, come è successo spesso nella storia, recente e non, dei derby.