La penna degli Altri 08/09/2011 11:09
Storie di abbagli a mezzo stampa
A giugno del 1982, in molti avevano maturato la convinzione che il rapporto tra Nils Liedholm e Dino Viola (e di conseguenza la Roma), fosse arrivato al capolinea. La faccenda era andata lievitando dal mese di febbraio, quando si era aperta la trattativa per il rinnovo del contratto del Barone, e aveva avuto un picco incandescente il 15 marzo 1982. In quella data era inutilmente scaduto il termine indicato dai due protagonisti come momento della probabile firma. A nulla era servito che sia Liedholm che Viola avessero precisato che il problema non esisteva proprio: "Basta la parola"
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Per i giornali la parola dei due non bastava. A giugno del 1982 il mensile Giallorossi scriveva: «(
) il futuro della Roma, ahimè, appare incerto e nebuloso come una giornata dautunno». Nello stesso numero del mensile (per altro mitico) dedicato ai tifosi romanisti, una grande penna e maestro di giornalismo come Giorgio Martino scriveva: «Finora ho sempre espresso compiacimento per le iniziative del presidente Viola che avevo ritenuto positive (
) e manifestato delusione e amarezza per gli atteggiamenti e le operazioni che ho ritenute negative (mancanza di chiarezza e costante amletico dubbio in qualsiasi argomento con un ossessionante ricorso alla tecnica del rinvio, del dire e non dire, nel far credere, dell ammettere smentendo e dello smentire ammettendo: così è stato per la firma di Liedholm)». La stampa fa uno più uno e anche il Corriere dello Sport interviene dando la sua sentenza sulla questione: Viola e Liedholm non vanno più d accordo.
Il 1 giugno 1982, a pagina 6 del Corriere viene pubblicato un articolo emblematico, il titolo recita: "Liedholm lancia il suo allarme", mentre locchiello conferma: "I ripensamenti della Roma preoccupano". In soldoni nel pezzo di sottolineava come anche lUdinese si fosse rafforzata mentre la Lupa era ancora al palo. Gabriele Tramontano rilanciava da altro scranno asserendo: «Che tra Viola e Liedholm non ci sia più da parecchio tempo quella mutua comprensione, quella reciproca incondizionata fiducia, è un fatto assolutamente innegabile ». Innegabile? Eppure i protagonisti continuavano a dichiarare che si stava lavorando bene, che nonostante le difficoltà, la RoRoma stava per assestare alcuni colpi niente male (vi dicono niente i nomi di Vierchowood, Maldera e Prohaska?). Niente da fare, gli organi di stampa vennero colpiti tremendamente dal mancato acquisto di Edy Bivi. Persino il Giornale di Indro Montanelli sottolineò come: «Il mercato della Roma non finisce di stupire. Secondo notizie trapelate la società giallorossa dopo Nilsson, Boniek, Cerezo, Susic, Woodckock e Borghi, avrebbe perduto anche Bivi che credeva di aver sottratto al Catanzaro con il gioco delle buste. Se fosse così alla Roma resterebbe soltanto la faccia del presidente Viola».
Ezio De Cesaris, sulle pagine del Corriere dello Sport del 26 maggio rilanciava: «Il sospetto è che la Roma sia costretta a saltare da una mensa allaltra senza toccare
cibo per insormontabili limiti di carattere economico (
) nonostante le smentite e le ottimistiche dichiarazioni del Presidente Viola». Ricapitolando, nel giugno del 1982 la Roma era senza una lira, con un presidente e un allenatore in rotta e con un futuro nebuloso alle porte. Come andarono le cose nei 12 mesi a venire, mi sembra superfluo ricordarlo. Preferisco dunque prendere in analisi un altro precedente significativo della nostra storia.
Nel luglio 1968, Helenio Herrera, neo allenatore della Roma dichiarava: «Con me alla guida, la Roma è destinata a vincere scudetto e Coppa Campioni». Per i giornali, larrivo di un personaggio straordinario dal punto di vista giornalistico come il Mago, fu unautentica manna dal cielo. Herrera era un maestro ante litteram nella comunicazione, da solo garantiva laumento della tiratura dei giornali e da solo era stato in grado di accendere al massimo livello lentusiasmo della tifoseria. Disgraziatamente, nel giro di pochi mesi, Alvaro Marchini si rese conto che il "Mago", garantiva anche una serie di effetti indesiderati, non propriamente positivi per lambiente giallorosso.
Per quasi cinque anni, però, la stampa romana si votò anima e corpo ad appoggiare il progetto "Herrera", costringendo "de facto", lo stesso Anzalone a far partire la costruzione della sua Roma, proprio dallex vate dellInter. Stesso effetto non benefico si ebbe a metà degli anni 50. La Roma concluse la riunione dei soci azionisti tenuta al Teatro Vittoria a Testaccio l11 luglio 1954 in un clima di grandissima agitazione. La stampa spingeva per un ritorno del Club sul mercato in grande stile, chiedeva a gran voce al presidente Sacerdoti di "comprare la mezzala" da affiancare a Pandolfini. Sacerdoti, apostrofato pesantemente da uno dei 2357 soci presenti, arrivò a minacciare le dimissioni. La Roma fece un tentativo (purtroppo andato a vuoto) dingaggiare il vecchio Liedholm, quindi, per calmare la piazza vennero acquistati Beltrandi dalla Fiorentina, Stucchi dallUdinese, Cavazzuti dal Palermo (pagato 37 milioni), Bertuccelli dalla Juventus e persino il vecchio "cavallo pazzo" Nyers. Un comportamento bulimico, indotto anche da una stampa perennemente in pressing. In quella stagione La Roma conquistò un ottimo terzo posto, ma forse - potrebbe dire qualcuno - con un briciolo di calma in più e acquisti più mirati
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