La penna degli Altri 25/09/2011 11:08
Presto, che è già Tardini!
La notizia la disse per prima unemittente Mediaset cercando di nascondere il ghigno. I romanisti a Parma quel giorno erano tanti, era un periodo grande ma lultimo: il mese dopo si sarebbe siglato il famoso piano di risanamento, quello che alla banca dava la possibilità di esercitare quellinfinito 2%. Era una Roma che sognava e meritava lo scudetto seconda a poco dal Milan dopo averlo avuto dietro anche 6 punti più una partita da giocare in casa il giorno della Befana era la Roma che aveva aggiunto Chivu a quella che di fatto rimaneva limpalcatura della squadra scudetto. Era la più forte Roma di Capello (4-0 e a casa alla Juve, 4-0 a Bologna, 5-0 al Brescia, 6-0 al Siena, pallonetti e schioppi qua e là). Quel pomeriggio così sempre in sintonia con la pancia della città la Roma andò persino in svantaggio (Gilardino) prima di vincere 4mila a 1. Con Cassano che tirava palloni in porta e palle di neve a compagni e tifosi, e lo stesso facevano i tifosi che cantavano e che vincevano perché erano tanti come la Roma. Sono sempre stati la Roma. Proprio a Parma, lì nella trasferta in cui i russi se ne sono andati via, Thomas DiBenedetto vive la sua prima trasferta da proprietario della Roma. Qualcosa a metà fra Freud e Vico, corsi e ricorsi e lapsus della storia. Soprattutto quando sono grandi, con le cose che contano ti ritrovi sempre a fare i conti. Questo vale per gli altri, per chi ha paura di una grande Roma.
Ai romanisti che oggi andranno al Tardini potrebbe bastare intonare una canzone di Dalla: «I russi, i russi, gli americani...», si chiama Futura e sembra il nome di questa Roma. Daltronde Parma è sempre stato un crocevia del suo e del nostro destino. Parma è soprattutto un altro febbraio, quello del 2001, giorno 4: al Tardini cerano più romanisti che parmigiani. Non cera confronto. Nemmeno in campo. Eppure il Parma vinceva 1- 0 (Di Vaio) e un quarto dora più o meno dalla fine quella Roma leonessa e rossa stava sotto. Un paio di lanci, di un paio di difensori, un piede soltanto, quello di Batistuta e chi cera e anche chi non cera si ricorderà di quella muraglia umana che franò su quel pugno di giocatori della Roma affossati felici là sotto. Lunione più scomposta e spontanea che ci sia mai stata in trasferta. Molti dissero e tutti dissero giustamente - che lo scudetto quella Roma lo vinse lì. Lì dove con Zeman impazzimmo di gioia 2-0 (con la prima Lazio senza Signori che contemporaneamente perdeva in casa contro lUdinese) o dove provammo la paura dopo uninutile maglietta dedicata da Cassano a Totti. Dove abbiamo visto segnare Osio e Melli, Gautieri e Paulo Sergio, e dove persino Dal Moro è sembrato un giocatore, oggi ci ritroviamo. Ma stavolta gli americani non se ne sono andati via. E restano pure se dovesse nevicare.