La penna degli Altri 27/09/2011 11:09
Osvaldo, il capocannoniere
Due gol in quattro presenze, il primo allOlimpico contro il Siena giovedì scorso, mettendo il piede al momento giusto, distinto. Il secondo domenica a Parma, da vero centravanti, con un colpo di testa angolatissimo e beffardo, come il movimento che ha ingannato Paletta e lo ha liberato per colpire indisturbato. Una rete fondamentale, decisiva, foriera di punti e soddisfazione: «Il gol lo dedico a mia moglie e a mia figlia, che mi guardano sempre», ha detto Pablo dopo il match. Il suo mondo sono loro, le donne della sua vita, niente a che vedere con le dinamiche così terrene e poco sentimentali di un calcio che non dà troppe seconde chances. Lui, che ha rischiato di bruciarsi presto in Italia per colpa di un carattere focoso e schietto, da vero argentino, con la maglia giallorossa vuole smentire tanti feedback negativi sul suo conto, facendo ricredere soprattutto quegli allenatori che non lo hanno valorizzato, tantomeno aspettato.
Primo su tutti Giuseppe Papadopulo, che nel 2007 subentrò a Zdenek Zeman sulla panchina del Lecce e mise fuori Pablo. Il 4-3-3 del boemo si addiceva paticolarmente bene alle doti del ragazzo, fisicamente piazzato ma agile e veloce, bravo ad accompagnare con dinamismo lazione, dando più di unalternativa agli esterni alti pronti a mettere la palla in mezzo. Ma col nuovo tecnico, meno aperto calcisticamente, la storia si fa diversa e le porte si chiudono. Così per Osvaldo comincia il pellegrinaggio: è a metà con lAtalanta, che lo riscatta e lo cede alla Fiorentina. Prima stagione in A, loccasione di farsi notare in una piazza importante ma difficile, con lo spettro di Batistuta ad aleggiare sulla sua testa; con Cesare Prandelli il rapporto è altalenante, anche gli infortuni impediscono un suo impiego costante, e poi la concorrenza di Mutu e Gilardino è tosta. Nellunica vera soddisfazione vissuta in viola risiede anche la più grande amarezza: segna una rete decisiva alla Juventus il 2 marzo 2009, ma esultando - con tanto di mitraglia sotto la Fiesole si leva la maglietta dimenticandosi di essere già ammonito. Lespulsione è una beffa, la società lo punisce con una multa, con qualche compagno non cè molta simpatia, laddio è una conseguenza inevitabile. A gennaio si accasa al Bologna, Mihajlovic lo vuole per farlo giocare titolare, ma i rossoblù partono male, così la nuova società in mano ai Menarini esonera il tecnico serbo e chiama Papadopulo.
Quasi ci fosse unantipatia a pelle nei suoi confronti, lallenatore lo mette fuori dall11 titolare e anche la storia con il club emiliano naufraga, spegnendosi a gennaio della stagione dopo. Lo accoglie la Spagna, la Catalogna per la precisione, dove lEspanyol fa di lui un attaccante maturo, apprezzato a livello internazionale e amato dai tifosi. Mister Pochettino se lo coccola come può, e Pablo ripaga con 20 gol in 44 presenze. Un bottino che sarebbe stato ancora più ingente se non si fosse infortunato prima della pausa invernale dellultima stagione. Seguito dal Tottenham a maggio, quasi comprato dallAtletico Madrid ad agosto, lattuale numero 9 giallorosso in questo scorcio di avventura romana si è visto piovere addosso critiche da ogni angolo: «Ha tradito la fiducia dei tecnici che hanno creduto in lui quando non era nessuno», disse uno dei consiglieri del club catalano, Collet, che aggiunse: «Non meritava di rimanere, se nè andato per soldi». Chissà se qualcuno avrà spiegato al vulcanico Collet che lEspanyol non è il Barcellona e che nel calcio i professionisti vanno dove ricevono lofferta più adeguata. Nel frattempo, però, Osvaldo qui a Roma si sta prendendo i suoi spazi. Solo lui, Totti e De Rossi sono stati utilizzati da Luis Enrique per tutti i 90 minuti (e recupero) in queste 4 partite di campionato. E la fiducia inizia ad essere ripagata