La penna degli Altri 17/09/2011 12:08
Luis Enrique: «Io non cambio, la società mi sostiene ma so che contano i risultati»
In queste due frasi c'è il (poco) passato, il presente e il (forse molto) futuro di Luis Enrique Martinez Garcia sulla panchina della Roma, anche se finora siamo a due sconfitte e un pareggio.
C'è la consapevolezza della precarietà: «Dipendiamo tutti dai risultati. Non mi meraviglia sentire di panchine in bilico dopo una giornata, in Spagna è lo stesso». Ma c'è anche la rivendicazione del proprio orgoglio, da hidalgo: «Io non sono un integralista, ma voglio fare sempre e solo calcio offensivo, ottenendo risultati attraverso il gioco. Se vedrò una modifica che ci migliora, la adotterò. Ma ad oggi continuo ad avere fiducia nel mio sistema. Credo in questo modello, è per questo che mi hanno scelto e non cambierò idea dopo 3-4 partite storte».
Il modulo è il 4-3-3, l'idea di calcio passa attraverso il possesso palla e la formazione iniziale è sempre e solo nella testa di Luis Enrique, che la comunica ai giocatori due ore prima della partita. Quella di stasera ha parecchie incognite, le principali in attacco: accanto a Totti possono esserci Bojan e Borriello oppure Borini e Osvaldo. È possibile, anzi probabile, che nei 90' si possano vedere tutti e cinque (non insieme) perché gli attaccanti sono i primi a cui l'asturiano chiede un'intensità totale di pressing.
La squadra non sarà fatta in funzione dell'avversario (Ranieri, invece, la schierava quasi sempre «a specchio») anche se i compiti dei giocatori cambieranno un po' a seconda dell'avversario che affrontano: «Io scelgo l'11 che ritengo migliore, a prescindere da chi ho di fronte. Non scelgo in base alle decisioni del rivale, ma poi devo dare delle indicazioni precise: cambia se gioca un giocatore molto rapido o lento in difesa, o se in attacco c'è un bomber o un esterno. Conta se l'avversario ha la difesa a 3 o a 4, perché cambia il modo di muoversi, di fare pressing».
Il rispetto per Gasperini è totale: «Per lui parla la sua carriera». La domanda sul perché, allora, l'Inter stia stentando in questo modo viene respinta al mittente: «Ho già abbastanza problemi miei per occuparmi di quelli dell'avversario. L'Inter è una squadra di grande livello: ha vinto la Champions League, ha ottimi giocatori e sarà un importante test per vedere se siamo cresciuti. È una partita difficile per entrambi, visto che non abbiamo iniziato nel modo migliore. La squadra che vince avrà un incremento della propria fiducia. Penso e spero che la mia squadra farà un grande lavoro, anche se è difficile: ho guardato le statistiche e la Roma a Milano ha perso 6 delle ultime 10 partite contro l'Inter e ne ha pareggiate 3. Però andiamo a san Siro con la fiducia di fare una bella partita e, magari, finire con una vittoria».
In realtà, i numeri dicono: 5 sconfitte, 4 pareggi e una sola vittoria: l'1-0 con gol di De Rossi nella Supercoppa italiana del 19 agosto 2007. L'ultima vittoria in campionato risale invece al 18 aprile 2007: 3-1 con gol di Perrotta, Totti e Cassetti. Quel giorno, l'Inter di Roberto Mancini poteva conquistare aritmeticamente lo scudetto, che arrivò invece quattro giorni dopo a Siena. E stasera, per la Roma, ci vorrebbe un altro scherzetto di quel genere.