La penna degli Altri 19/09/2011 10:21

Luis convince la Roma

Luis Enrique è ancora senza successi dopo quattro gare ufficiali. I suoi attaccanti, otto se si conta anche Caprari che è tornato con la Primavera di papà , non hanno segnato nemmeno un gol in questi quattro match e il reparto offensivo della Roma, dopo due partite del torneo, è penultimo in classifica, 1 gol, solo quelli del e del Siena, ancora a zero, hanno fatto peggio. Ma questi dati non allarmano l’allenatore. Che sembra ampiamente soddisfatto, invece, per le risposte avute dagli interpreti: in due mesi, avendo ricominciato dal biberon (come scherzò Lucho in ritiro), già riescono a entrare in campo e in partita con personalità e concentrazione, seguendo alla lettera il nuovo spartito. Il coinvolgimento dei giocatori è la base del suo lavoro. Dando spazio a tutti (26 uomini utilizzati in 4 gare), senza guardare in faccia nessuno e cambiando in ogni partita i protagonisti, ha in cambio rispetto e stima. I singoli si stanno sforzando a seguirlo. Lucho è disponibile al colloquio con chi ha dubbi e, come si è visto a San Siro, anche durante la gara parla con i giocatori. Nelle pause di gioco e addirittura in corsa. È successo più volte, in lingua spagnola, con Osvaldo e soprattutto con Pizarro. Senza urlare, magari gesticolando, sotto la pioggia, per spiegare allineamenti e posizioni. Partecipa dalla panchina, chiedendo partecipazione.

C’è chi scopre improvvisamente questo allenatore seguendo Inter-Roma. Forse perché i riflettori illuminano sempre e comunque la vetrina milanese. Luis Enrique, invece, è lo stesso dalla prima partita, l’amichevole a Riscone contro una formazione locale di dilettanti. Era il 17 luglio, due mesi prima dell’esibizione di San Siro. In ritiro cominciò schierando il suo nel modo più spregiudicato possibile. Sistemando i giocatori, nella fase offensiva, così: 2-1-4-1-2, cioè utilizzando due difensori davanti al , un mediano a proteggerli, due centrocampisti e due ali che poi si abbassano a fare i terzini, un trequartista e due punte. La Roma di sabato sera, senza guardare all’atteggiamento dell’avversario, si è presentata con lo stesso sistema di gioco.

In due mesi gli interpreti dimostrano di aver metabolizzato il nuovo progetto tecnico. A parte i due centrali difensivi, molti hanno un ruolo diverso rispetto al passato. Perrotta e Taddei adesso partono da terzini, fa il playmaker e al tempo stesso il terzo difensore, Pizarro non è più il regista ma l’intermedio o semplicemente la mezzala, sta dietro i due attaccanti perché lì spende meno energie e secondo Luis Enrique è nella posizione ottimale, da lì può segnare e fare assist. Cinque senatori hanno cambiato posizione in campo (sei con Cassetti che nelle due gare contro lo Slovan ha utilizzato da centrale). Solo Burdisso ha salvato la sua zona. I nuovi stanno studiando, Kjaer alla prima partita sembra già preparato. Il possesso palla e il pressing sono gli ingredienti della svolta. I due attaccanti sono i primi ad aggredire, quando gli avversari cominciano l’azione. Dietro alle due punte, tutta la squadra va a occupare la metà campo avversaria per togliere spazio a chi deve costruire.

L’impronta offensiva è evidente. Per come Lucho sistema la squadra e per le scelte che fa nel corso della gara. La Roma, a San Siro, ha mostrato stanchezza nel finale. Ma, per non far crollare le certezze del gruppo, Luis Enrique ha evitato di chiedere un atteggiamento più prudente. L’ultima sostituzione, Borriello per , è la dimostrazione che l’allenatore asturiano non si accontentava del pareggio.

Il 13 settembre 2009 a Siena, Claudio Ranieri, al debutto sulla panchina giallorossa, scelse il 4-4-1-1 con questa formazione: Julio Sergio; Cassetti, Mexes, Juan, Burdisso; Perrotta, , Brighi, Taddei; Pizarro; . Sono passati due anni, ma vista la Roma a Milano sembra davvero passata una vita.