La penna degli Altri 05/09/2011 13:52

L’ispanica profezia e il grugno di Totti

Questi altri sono i fantasmi incarnati della profezia, agenti di una congiura internazionale, venuti infatti da Inghilterra, Spagna e perfino Stati Uniti d’America per abbattere l’ultimo re di Roma. Non hanno storia e non la conoscono. Non hanno riconoscenza. E perché dovrebbero? Per gente come Tom DiBenedetto uno come appartiene all’esercito dei posteri: personaggi indistinti che per lui non hanno fatto niente. Ma che pretendono molto. Otto milioni e seicentomila euro per i prossimi due anni, a esser precisi. Più il rispetto di una scrittura privata firmata dalla precedente gestione che garantiva altri (cinque?) anni ben pagati come dirigente. Questa è la prosa dei fatti, anzi la matematica. Il resto è commedia. Ipocrita come ogni recitazione. L’allenatore dice che è straordinario, ma un giocatore come gli altri. Il riesumato Osvaldo si presenta con attestazioni di stima e si prepara a sfilargli la maglia. ascolta, guarda e s’incupisce. Se il paragone non l’offende (ma è quasi impossibile che non accada) sta ormai alla Roma come Emilio Fede al Tg4. Era amico del padrone, avevano fatto “grandi cose” insieme. Ha strangolato i possibili successori nella culla. È rimasto oltre l’età della pensione e della buona apparenza. Il suo notiziario galleggia per inerzia. La Roma di anche. Q u a l c h e volta sa ancora essere decisivo. Ma è anche vero che Spalletti fece una striscia vincente in sua assenza e Ranieri lo tolse per rimontare nel derby più importante l’anno del quasi scudetto. è un campione. Non “è stato”. Lo è. Ha ancora la personalità, le giocate, il tiro. La rabbia, perfino, che lo innesca.

Che cosa gli manca, allora? La lucidità e il coraggio di capire che tutto questo non basta. È un 35enne italiano, esemplare perfetto di una generazione allevata in un contesto culturale in cui la vita, personale e professionale, viene immaginata come un percorso autogestito, in cui ogni intoppo è un’ingiustizia. E se anche fosse? Nell’americano pragmatismo di Tom DiBenedetto l’ingiustizia fa parte dell’esistenza: si commette e si subisce. Bisogna essere forti per sopraffare, ma ancor più forti per incassare. C’è un tempo per relegare Cassano e uno per essere relegati da Lamela, o chi per lui. Soprattutto, c’è sempre un tempo (non due, ho detto uno) per reagire. Ci si può sedere ed aspettare (con 8,6 milioni in tasca) che quel tempo venga. Senza illudersi che la à intera lo invochi. Mezza, al massimo. E pare in calo. Ci sono alternative? non è (e non può essere per via dell’ingaggio) Nesta, che dopo la gioventù laziale del “Non devo dimostrare niente a nessuno” è andato a Milano a dimostrare tutto. Non è Beckham che sverna con Victoria al sole californiano: lui e Ilary in America si rifugerebbero in un ristorante italiano del Greenwich Village con le sporte dell’outlet. è Roma e non c’è profezia avverata che possa allontanarlo. Nel corso d’inglese che segue durante le pubblicità dovrebbe farsi spiegare la parola “mobbing”. E “how to survive”. Resistendo, aspettando, magari facendosi mancare di rispetto perché l’avversario perda la reputazione, ma soprattutto cogliendo l’occasione quando verrà: entrando e segnando o facendo segnare. A esserne capaci. Perché lì sta il bivio tra l’ingiustizia e il corso del tempo.