La penna degli Altri 27/08/2011 11:25

Totti-Luis Enrique ecco tutta la verità

An­che se non ci si può dimenticare del­l’entusiasmo e dell’approvazione con cui buona parte della tifoseria ha accolto l’arrivo dell’asturiano. Capace, però, in un mese e mezzo, di dilapidare tutto il credito con cui era stato accolto. E non è soltanto una questione di . E’ che sia al­l’andata che al ritorno, contro lo Slo­van Bratislava, Luis Enrique non ha messo in campo la formazione mi­gliore possibile. [...]



La sindrome Tassotti. Diciassette anni dopo. Mondiali americani, Italia-Spagna, gomi­tata del difensore italiano sul volto di Luis En­rique. Potrà sembrare paradossale, ma c’è an­che questo alla base della rottura, perché di rot­tura si deve parlare, tra il tecnico e , prima sistemato in panchina a Bratislava, poi sostituito giovedì sera all’Olimpico. Risulta­to: Roma fuori dall’Europa, al centro di un pu­tiferio e una situazione tra tecnico e capitano che al momento sembra davvero senza ritorno.



RETROSCENA UNO - La sindrome Tassotti, dicevamo. E’ riesplosa in una notte valenciana, dodici ago­sto scorso, la Roma incassa tre pappine al « Mestalla » . [...]

Il punto è che Lucho quella sera si è imbufalito. Non tanto per la pre­stazione di (e Borriello) che a suo giudizio non era stata all’al­tezza di quello che gli aveva chie­sto, ma soprattutto per l’atteggia­mento tenuto in campo dal capita­no giallorosso. In particolare nel secondo tem­po: un abbozzo di testata a un avversario, una sbracciata a un altro, un litigio con alcuni pan­chinari del Valencia quando stava per calciare un angolo, tutti episodi che hanno mandato su tutte le furie il tecnico spagnolo, « non posso sopportare che un mio giocatore si comporti co­sì » , così si era sfogato con i dirigenti. La sin­drome Tassotti, appunto. A Valencia, dunque, è cominciato il problema, ingigantito dalla pan­china di (e Borriello) a Bratislava, esplo­so definitivamente giovedì sera con il capitano sostituito a poco più di un quarto d’ora dalla fi­ne con Stefano Okaka.



RETROSCENA DUE - C’è anche dell’altro. Perché lo stato d’animo di Luis Enrique è, pure, quello del suo staff. Orfano ormai da qualche tempo di De La Pena tornato a non tanto per pro­blemi famigliari, quanto perché venendo a Ro­ma si era immaginato un ruolo da vice diretto­re sportivo piuttosto che da co­me invece ha dovuto prendere atto decidendo, a quel punto, che sarebbe stato meglio tornare a casa. C’è stato, in tempi recentissimi, uno dei collaboratori di Lucho (che non lavora a Trigo­ria) che in una chiacchierata con alcuni giornalisti spagnoli, ha det­to chiaro e tondo che Luis Enri­que non è tipo da mezze misure, cioè o si fa come dice lui, oppure potrebbe pure prendere la deci­sione di mollare tutto. Chiacchie­rata di cui è venuta a conoscenza anche la dirigenza romanista.



CONFRONTO - Non c’è stato. Né do­po la partita con lo Slovan, tanto meno ieri a Trigoria. Del resto aveva parlato con l’allena­tore dopo la gara d’andata, quan­do era rimasto in panchina per una settantina di minuti. Luis En­rique gli aveva spiegato le sue ra­gioni, il capitano giallorosso ave­va ascoltato, incassato ma anche capito poco. Stavolta non c’è stata nessuna richiesta di un confronto. Tanto meno lo ha fatto il tecnico. Che, ieri, prima dell’allenamento, ha parlato per cinque minuti a tutta la squadra. Spiegan­do come una sconfitta non può avere la forza di cambiare un progetto appena cominciato, invi­tando i giocatori a continuare a crederci e a non mollare. Nessuno dei giocatori ha replicato, fi­guratevi . Che, ci sbaglieremo, ha deciso di fare come il cinese, sistemandosi sulla riva del fiume.