La penna degli Altri 27/08/2011 12:39
Quell'insostenibile fatica di una bandiera da ammainare
Difficile gestirlo con la serenità che spettò a Rivera, il quale chiuse dopo 19 anni di Milan vincendo lo scudetto della stella, ovazioni e discorso al microfono dentro San Siro. Ma pure lui ammise: «Arriva il momento in cui le ginocchia cedono di colpo e ti ritrovi a terra, mentre gli altri corrono». Pure il suo gemello Mazzola disse basta in gloria, come quelli che muoiono nel proprio letto ottuagenari, circondati dalla famiglia intera. «Avrei potuto giocare altri due anni, ma sarebbe stato un compromesso. Certo, smettere è durissima: dopo una sconfitta dell'Inter contro la Dinamo Tblisi, pensai di tornare. Ero pentitissimo». File e file di medaglie sul petto non evitano il rischio delle porte che sbattono, degli stracci che volano. Se ne accorse Giancarlo Antognoni quando scelse il Losanna, nel 1987, dopo 15 stagioni di onorata miliziaviola. «Vado in Svizzera per non finire in manicomio» disse, prima di regalarsi le ultime due annate in Svizzera, intanto che i giornali scrivevano: ha tradito.
Mica tutti sono Del Piero, che non finisce mai. Le bandiere sono fatte di stoffa speciale, però non esente da tarme. I denti del tempo sono in agguato. Lo capì Antonio Juliano, icona napoletana, 16 anni al San Paolo: nel '78 non voleva proprio smettere, il presidente Ferlaino gli offriva una scrivania e lui niente, «mica ammuffisco tra le scartoffie!», così ottenne la lista gratuita e un ultimo ingaggio al Bologna, dopo che il Napoli gli aveva offerto un contratto a gettone. Non facile, il campionato estremo: afebbraio, Totonno disse che non ne poteva più, poi tenne duro e alla fine segnò il gol-salvezza contro il Toro.
Il dolore che anticipa o accompagna l'addio è emotivo, qualche volta morale, quasi sempre fisico. Gigi Riva, forse la bandiera più gonfia divento nell'intera storia del calcio italiano, smise a 32 anni (l'età del ritiro a sorpresa di Platini, uno in meno di quando Boniperti strabiliò tutti, smettendo col pallone), elo fece dopo uno strappo muscolare. Il suo corpo da eroe omerico era già ampiamente ferito: due peroni rotti, il destro e il sinistro, e una serie di colpi da smontare un carrarmato. Gigi Riva li aveva sopportati tutti, e sempre con la stessa maglia addosso anzi due, il Cagliari e la nazionale, poi però il vento si spegne ed è inutile opporsi, insistendo.
Perché il tempo ha i denti aguzzi. «Negli stadi, ormai mi chiamavano vecchio: smisi per questo», racconta Dino Zoff che si ritirò comunque alla bella età di 41 anni. Anche se l'addio più semplice, tenero e dolente nella sua sincerità fu forse quello di Giacomo Bulgarelli, per 16 anni vessillo del Bologna, oppresso dai dolori al ginocchio. «Sono un capitano che non gioca più, e questo non è giusto». Sembra di sentirlo ancora, il povero, grande Giacomo, con quella suavoce sottile e quegli occhi smaltati d'azzurro, mentre sussurra: «Sono agli sgoccioli, mi dispiace».