La penna degli Altri 24/08/2011 13:52

Conte, Luis e Gasp. L'assalto al cielo dei nobili debuttanti



e Luis Enrique vengono da una generazione successiva. L'ultima, la più fresca, la più audace: è quella che ha spinto ancora oltre la fede nella spregiudicatezza del gioco nell'integralità intoccabile di un sistema che non si deve adattare agli interpreti, ma viceversa. D'altronde, non hanno ancora avuto il tempo di moderarsi, di rifugiarsi in un compresso, di ripararsi in una viadi mezzo, di lasciarsi ammorbidire dalle delusioni. Sono cresciuti con il computer sotto braccio, con il dvd nel taschino: ciò che quelli più anziani hanno dovuto imparare a maneggiare (in certi casi con ottimi risultati), per loro è strumento di lavoro naturale, come fischietto e cronometro. Luis Enrique tiene l'ipad sempre a portata di mano, ha un collaboratore con un notebook sempre collegato a bordo campo, l'analisi e l'elaborazione dei dati (così come la creazione di filmati, anche di un allenamento finito da poche ore, da usare come supporto didattico) è un aspetto del mestiere cui non saprebbero, né vorrebbero, più rinunciare. Ma è soltanto un lato della loro modernità, che sul campo traducono con concetti quasi mai consueti nel calcio all'italiana, a cominciare dalla ricerca del possesso palla, del palleggio prolungato, del comando della partita: il contropiede è solo una soluzione, la gestione del pallone deve cominciare dai difensori. Dal , addirittura: l'impronta della scuola spagnola è evidente in Luis Enrique, mentre mescola ingredienti inglesi (il gioco largo) e latini, addirittura sudamericani. In camera hanno vinto soltanto nelle serie minori. E come Allegri, fino a pochi mesi fa. Hanno teorie intriganti: nella pratica, dovranno confrontarsi con giocatori di grida, talvolta pigri, sovente viziati. Dovranno fargli venire la voglia di tornare a scuola.