La penna degli Altri 25/07/2011 10:13

La firma può slittare

In discussione, però, non c’è il precontratto del 15 aprile a Boston, siglato da Paolo Fiorentino e DiBenedetto. Ma, ripartendo proprio dall’intesa di tre mesi e mezzo fa, l’obiettivo deve essere uno e basta: guardare subito avanti con investimenti mirati a rendere subito competitivo il club. E visto che non si potrà rinegoziare niente (il closing, in caso di modifica dei contratti, slitterebbe di circa due mesi) e dato per scontato che lo sforzo economico del socio di maggioranza sarà superiore alle aspettative (anche quello della Banca, ovviamente, ma al 40 per cento contro il 60 del consorzio Usa), i bostoniani chiedono di trovare una via d’uscita per continuare insieme. E l’avrebbero già indicata: abbassare i tassi di interesse sul finaziamento di 40 milioni deliberati da Roma 2000 proprio venerdì sera quando è stata ufficializzata anche la data del closing) e sull’anticipo di 55 milioni concessi per la gestione di questi mesi in attesa della conclusione della trattativa.

Oggi si presenteranno nella capitale Mark Pannes e Sean Barror, i due manager del Raptor Fund di James Pallotta, socio principale di DiBenedetto. Nel pomeriggio riunione tecnica allo , con i legali italiani dei bostoniani per preparare un incontro, probabilmente già domani, con l’avvocato Cappelli, uomo UniCredit e attuale presidente della Roma. Pannes, ex capo divisione di Sport business Hsb (prestigiosa banca inglese) e manager capace di rilanciare i N.Y. Knicks, è da marzo alle dipendenze di Pallotta: si fermerà a Roma due settimane perché deve parlare anche di marketing con chi attualmente se ne occupa per il club giallorosso. Anche Sean Barror sa come muoversi nello sport: è lui che ha curato per Pallotta l’acquisto dei Boston Celtics. DiBenedetto, comunque intenzionato a non ritirarsi e quotidianamente in contatto con i suoi collaboratori romani, aspetta però a Boston la relazione dei due suoi uomini di fiducia: se avrà risposte positive, tra mercoledì e giovedì tornerà nella capitale.

UniCredit, pur infastidita e soprattutto contraria allo slittamento del closing, si sforza di essere abbastanza ottimista. La Banca ha tre ruoli nella negoziazione: venditrice, acquirente (partner) e creditore. Nonostante i rumors delle ultime ore, ha voglia di concludere l’operazione. Vivendo la realtà italiana, sa che il calcio si sostiene sul sentimento e sulla passione. Ma si rende conto che per gli americani, invece, contano soprattutto i numeri. Nel braccio di ferro, insomma, entrambe le parti hanno le loro ragioni, anche se qualche dispetto reciproco se lo continuano a fare (gli americani contestano, tra l’altro, alcuni consiglieri indicati da Fiorentino). Ed è per questo che l’intenzione comune è di arrivare al closing. Subito per UniCredit, con calma per DiBenedetto. A Boston sono certi che non si farà in tempo per il 31 luglio, ultimo giorno buono per il closing (sempre da precontratto del 15 aprile). Il consorzio Usa vorrebbe prendersi almeno una settimana in più. Basterà firmare l’estensione del contratto (dato che non è da rifare) e cercare la migliore soluzione possibile.