La penna degli Altri 14/06/2011 11:50

Ciò che serve ora sono 'basi solide'

CORSPORT (L. CASCIOLI) - 
Spira su Trigoria un vento di cose nuove. E’ arrivata l'America. E' arrivata la Spa­gna. Adesso è arrivata anche la rivoluzio­ne culturale di . Troppi cambia­menti per chi era rimasto fermo alla Roma di Testaccio, a quella “de noantri” e alla “pajata”. In crisi come romanisti, ci si ri­sveglia post- romanisti. Be’ un po’ d’aria nuova ci vuole. La squadra e la società avevano fatto la muffa. Ma vediamo di non esagerare. Il calcio italiano è vecchio. Lo dimostrano le squadre di club e la nazio­nale. Ma non è tutto nuovo il calcio che ri­luce. C'è qualcosa di antico anche nel Bar­cellona. Quando parla di “ rivolu­zione culturale”, non si riferisce a una for­mula di gioco, si riferisce allo “spirito nuo­vo” che oggi è necessario per interpretare al meglio ogni modulo tattico. E in questo siamo pienamente d’accordo con lui. Ma sappiamo tutti che per edificare un nuovo edificio bisogna cominciare dalle fonda­menta. La Roma ha incassato troppi gol, si è rivelata troppo fragile per non porre in evidenza il problema della difesa (che non è solo quello del ). Di portieri la Roma ne ha licenziati una mezza dozzina, salvo poi scoprire a sue spese che Anto­nioli era ancora buono, che Artur era di razza vincente. Vanno bene i giovani ta­lenti, vanno bene i trequartisti dal piedino di fata. Ma qui ci serve soprattutto gente con la benda all'occhio e il coltello tra i denti. Facciamo qualche esempio. Capello fece di Samuel, il pilastro su cui edificare il ter­zo scudetto.

Samuel ha continuato poi a vincere nell'Inter, che ha fallito la sola sta­gione in cui ha dovuto rinunciare al pode­roso difensore argentino. Per contro il Mi­lan di Pato, Inzaghi, Ronaldinho, Seedorf e Pirlo ha dimostrato di poter vincere qualcosa, con l'avvento di un difensore di statura mondiale come Thiago Silva. E il di , di Villa, di Iniesta e di Xavi può giocare in scioltezza su una piat­taforma difensiva garantita da alcuni gi­ganti del calcio mondiale come Piqué, co­me Puyol e Abidal. Queste cose forse Di Benedetto non le sa. Ma le sa Luis Enrique e le sanno soprattutto e Baldini che devono esaudire i desideri dell'allena­tore. Vogliamo tutti una Roma giovane, una Roma nuova, una Roma moderna nel gioco e nello spirito. Quello che non voglia­mo è una Roma calcisticamente fragile. Quello che non vogliamo è che alcuni ter­roristi del tifo costringano Vucinic (13 gol) a scappar via. La “rivoluzione” di Sabati­ni riguarda l'ambiente e un modo più civi­le di intendere i rapporti con i giocatori. Il solo esempio di edificio con i vuoti sot­to ed i pieni sopra è il Palazzo Ducale di Venezia (che però si specchia sull'acqua). Ma Trigoria non è una laguna e a Roma edifici e monumenti si mettono in piedi con i criteri tradizionali, magari utilizzan­do materiale nuovo, come la giovane Ro­ma scudettata di e di Montini. Vogliamo credere in una nuova Roma, troppo a lungo sognata e ancora da deli­neare. Facciamola bella, ma facciamola solida. Roma è la à ideale per coltiva­re tutte le illusioni, ma stavolta nessuno si vuole più illudere. Vogliamo che in questa à unica, generosa, inimitabile, invasa e percorsa da pattuglie di turisti, si costrui­sca un altro monumento ( stavolta calcisti­co). Ma tutte le nostre belle cupole poggia­no su fondamenta massicce e resistenti. Chiedere informazioni al Bramante, a Mi­chelangelo, al Bernini per crederlo.