La penna degli Altri 30/05/2011 11:22

Roma, la mia sfida



L’ultima recita di Luis Enrique al Miniestadi è stata una rimpatriata per il solito migliaio di gatti, amici e parenti così affezionati al B da non abbandonarlo neanche mentre dall’altro lato del marciapiede c'è la grande fiesta per gli eroi di Wembley, uno striscione dei Boixos Nois «Luis Enrique siempre en nuestro corazon» e la spensieratezza dei blaugrana B contro la paura di retrocedere del Salamanca. «Lucho», magliettina bianca e jeans, è rimasto imboscato da qualche parte durante il riscaldamento per apparire puntuale come un orologio svizzero al momento dell’entrata delle squadre. Solo un minuto a sedere, poi parte lo show: chiacchiere fitte con il vice Barbarà, un paio di urlacci a Abraham reo di accompagnare poco l’azione offensiva. Il marchio della fabbrica blaugrana, il cosiddetto calcio associativo, c'è e si vede: , un più che discreto remake della ragnatela di passaggi e della manovra avvolgente di casa Guardiola e tanta qualità. Unico neo una difesa che ogni tanto diventa molto più che allegrotta. Chiedere al Salamanca, retrocesso proprio ieri sera, vittima sacrificale del tiro al bersaglio del B. Bartra, Saul e Johnathan Dos Santos (il fratello di Giovanni) hanno seminato, Berja, una tripletta del bomber Soriano (31 gol in Liga Adelante) e Nolito hanno raccolto frutti prelibatissimi. 5-1, Luis Enrique abbraccia Soriano e saluta tutti. La squadra lo invoca per un «pasillo de honor» e lo lancia al cielo come qualche ora prima avevano fatto i grandi a Wembley con Guardiola. Luis si commuove, si inchina e si batte la mano sul cuore. Non è un addio, «ma solo un arrivederci perché sarò sempre blaugrana». Arrivederci, come pare, a Roma.