La penna degli Altri 28/05/2011 12:18

Boniek: «Il segnale del rinnovamento»

Perplessità legate al fatto di conoscere poco il calcio italiano? No, perché non viene da un campionato polacco o russo, ma da una realtà importante e non lontana da qui. E poi, anche Capello o Mancini sono partiti subito senza fare una particolare gavetta. Se uno è bravo e lavora in una società che ha un’organizzazione perfetta, gli copre le spalle e gli dà la possibilità di allenare senza dover gestire altre problematiche, a mio parere può solo far bene».

i affida a quanto riportato dai giornali, Paolo Cento, dicendosi però a sua volta fiducioso. «Mi devo fidare di quello che leggo ma credo anche che si debba aspettare per dare giudizi completi. Certo, Luis Enrique avrà un compito difficile se sarà davvero lui l’allenatore. Perché si troverà ad essere catapultato nella realtà del calcio italiano, probabilmente senza aver maturato un’esperienza sufficiente. Però, i giovani a volte sorprendono perché hanno questa capacità di calarsi subito nel ruolo e speriamo che sia il suo caso. Non c’è dubbio che la piazza romana aspetta fiduciosa certezze che mi auguro vengano date al più presto sia sull’organico che, in generale, sulla definizione di tutti i ruoli societari. E’ vero infatti che vi sono tempi tecnici che vanno rispettati, ma è altrettanto vero che con oggi si è chiusa la stagione ed è quindi importante che si cominci a far capire qual è il disegno che si vuole perseguire e quale il progetto da mettere in atto. Un elemento di chiarezza che aiuterebbe anche a capire il perché della scelta di questo allenatore».

Non nasconde invece le sue perplessità, Roberto Scarnecchia: «Per me la scelta di Luis Enrique non ha un senso logico. E mi sembra strano che degli americani abbiano questo tipo di filosofia. Per quello che conosco della loro mentalità, sono molto concreti, vanno al sodo e puntano a vincere in tempi ragionevolmente brevi. Tra l’altro, giovane per giovane e con poca esperienza a questi livelli, tanto valeva tenere Montella. Sinceramente, in questo momento Luis Enrique non lo prenderei. Ma capisco che è anche una questione di punti di vista. Probabilmente e Baldini avranno valutato diversamente da me, e se loro reputano che possa essere un acquisto vincente, tanto meglio. Non mi convince nemmeno l’idea che un giovane sia per forza portato al gioco offensivo. Vi sono tecnici anziani che lo praticano, vedi Zeman, e giovani che, al contrario, sono molto più difensivisti Ripeto quindi che mi sorprende un po’. A meno che non si tratti, anche in questo caso, di un falso scopo. Messo lì solo per depistare, avendo invece come obiettivo Pep Guardiola. Penso sempre a quella frase di Pallotta, quando ha dato a tutti appuntamento a dopo la finale di . E in quel caso, c’è una bella differenza tra Enrique e Guardiola!».

Non si sbilancia Elio Germano. «Posso dire molto poco su Luis Enrique, che ricordo come calciatore ma non conosco in veste di allenatore» dice l’attore romano. «Tanto più che non sappiamo nemmeno se sarà davvero il tecnico della Roma. In un momento in cui sembrano mancare certezze a tanti livelli, a cominciare da quello societario, e in cui continuiamo a sentire nomi di ogni tipo, da Villas Boas ad , da Bielsa a Pioli. Credo che la scelta del tecnico, che è legata a tanti fattori, possa essere in questo momento la misura di cosa vorrà essere la nuova Roma. Un elemento di giudizio, insomma. Perché puoi prendere un allenatore blasonato che può però fallire, come un giovane che può invece far bene. Credo quindi che le valutazioni che andranno fatte intorno alla figura del tecnico, siano esse di carattere psicologico come legate alle capacità tecniche, possano servire a capire quale sarà il progetto intorno al quale la nuova proprietà intenderà costruire la Roma di domani».

Da tecnico qual è, fa un’analisi diversa Ubaldo Righetti. «Di Luis Enrique ci ricordiamo tutti la grinta e la tenacia che metteva in campo da calciatore. E c’è da credere che la stessa determinazione possa metterla in gioco anche da tecnico. Certamente è cosa molto diversa allenare una squadra di giovani, sia pure di talento e di grandi prospettive, come il B, e una in cui vi sono invece giocatori di grande esperienza, come è la Roma. La differenza con Montella sta semmai nel fatto che Vincenzo conosce bene l’ambiente romano e ha imparato a rapportarsi con l’esterno. E sappiamo quanto conti, qui, saper comunicare e relazionarsi con la stampa. Non è quindi solo un problema tecnico, ma anche di personalità nel gestire le pressioni che vi sono giornalmente. Ma qui entra in gioco la società. E se questa non è forte, qualsiasi tecnico può incontrare difficoltà. Se tutti remano invece in una stessa direzione, anche l’allenatore è agevolato nel suo lavoro. Con Luis Enrique il discorso è aperto. Votato al gioco offensivo? E’ tutto da vedere. Un può diventare anche 4-5-1. Tutto dipende da come vuoi attaccare e come vuoi difendere. I numeri contano poco. Conta lo sviluppo e l’impostazione tattica. E, soprattutto, quanto tutto questo è accettato e condiviso dalla squadra».

Chiude la serie di pareri Fabrizio Grassetti, presidente dell’Utr: «Difficile se non impossibile esprimere un giudizio. Non sarebbe serio. Potrei farlo se avessi avuto modo di veder giocare le sue squadre o avessi parlato con qualche giocatore che sia stato alle sue dipendenze. Ma non è così. E allora, posso solo avere fiducia nella dirigenza e in chi lo ha scelto, se sarà lui ad allenare la Roma. Faccio quindi un atto di fede nelle capacità di Baldini e , e mi rimetto alle loro decisioni».