La penna degli Altri 16/04/2011 10:23

Presidenti, storie d'amore e anche di fischi

Più fortunato del Marini Dettina fu certamente il cavalier Edgardo Bazzini, funzionario dell’Agip che in pieno clima bellico passò alla storia per avere vinto il primo dei tre scudetti romanisti. Parmigiano longevo (lasciò questa terra nel ’69 alla venerabile età di 102 anni) venne accolto con diffidenza perché non veniva dallo sport e nemmeno dalla politica, sempre molto interessata alle sorti della Roma. Ma seppe cavalcare l’onda assecondando la competenza di Alfred Schaffer, allenatore della rivoluzionaria scuola ungherese. Ancora oggi qualche anima maliziosa attribuisce alla spinta di Mussolini quello scudetto del ’42 dimenticando che il cavalier Benito era di fede laziale.

Renato Sacerdoti non ha vinto nulla, ma merita certamente un posto di rilievo per la sua costante presenza nel cuore della Roma. Presidente in due epoche diverse e lontane (dal 1928 al 1934 e poi dal 1952 al 1953) è ricordato anche per la sua dura requisitoria contro «il calcio degli affari» che scandì il suo ritiro dalla scena: «C’è addirittura chi vorrebbe portare la pubblicità nel gioco del calcio - si sfogò un giorno - Questo mondo non fa più per me, largo ai giovani».

La Roma aveva appena rimarginato le ferite della sua unica caduta in serie B all’inizio degli anni 50. Alvaro Marchini alimentò un’illusione ingaggiando Helenio Herrera, mago un po’ bollito, mentre sua figlia Simona si fidanzava con Ciccio Cordova (cfr Pato e Barbara Berlusconi). Finì con il lancio di uova marce verso il presidente «comunista» che aveva ceduto alla Capello, Spinosi e Landini. Per celebrare il secondo scudetto bisogna arrivare agli anni 80 quando il costruttore romano Gaetano Anzalone, spesso vittima di clamorosi cedimenti emotivi, consegna la Roma a un ingegnere meccanico che ha fatto fortuna con il commercio di armi e ora vive di rendita.

A Dino Viola da Aulla punta tutto sulla saggezza ironica di Liedholm e sul genio ancora sconosciuto di un brasiliano di nome Falcao. Ma soprattutto combatte una battaglia durissima con il Palazzo del pallone riuscendo a scoperchiare le magagne della categoria arbitrale molto prima che esplodesse Calciopoli. Tante storie di quel periodo non sono ancora state scritte (e forse non lo saranno mai) ma dal famoso gol alla annullato a Turone dall’arbitro Bergamo (toh), la Roma diventa una protagonista stabile dell’alta borghesia calcistica. Per questo Viola può essere considerato il più importante, se non il più grande, tra i presidenti della Roma. Un titolo al quale concorre naturalmente anche Franco Sensi, che pur di vincere il terzo scudetto ha perso molto del suo patrimonio personale. Nel dubbio, è corretto rendere omaggio alle due signore, Flora Viola e Rosella Sensi, che, forse loro malgrado, si sono trovate sul ponte di comando in situazioni obiettivamente difficili. Per il calcio il tempo delle quote rosa sembra ancora lontano.