La penna degli Altri 26/04/2011 11:05

Lega del futuro, nuova avventura della Sensi



Esempi estrapolati dal programma elettorale della Sensi e che porterà agli svagati astanti: stadi a pezzi, classifica Uefa da brividi, assenza di regole per merchandising e teppismo, vivai fantasma, nero a gogo, tasse eccessive, arbitri allo sbaraglio, dirigenti nell’orticello, mancanza di piani, idee, norme. Bisognerebbe riscrivere la carta costituzionale del calcio italiano. Regola prima: buttare tutto. Regola seconda: progettare la rinascita, disegnando un nuovo codice etico e comportamentale. Ma si può fare? E quando? E con chi? Beretta è a capo della Lega e uomo Unicredit: esagera e dirà addio. Mentre i consiglieri perdono tempo per spartirsi due lire, la Lega rimane senza quel (nuovo) presidente cui verrà affidata la prima pietra. Potrebbe essere Rosella Sensi, che ne ha viste e vissute tante da sapere da che parte cominciare, ed è giovane e donna: già un doppio segnale di rinnovamento; potrebbe essere anche Franco Carraro, che rispetto alla signora ha più anni e dunque più esperienza del calcio che fu, mentre di quello che è, ovviamente, sa tutto.

Quando i presidenti la smetteranno di guardarsi male ed entreranno in zona elettorale dovranno chiedersi dove vogliono arrivare e come intendono farlo. Tanto per essere chiari: ha senso dividersi per il tesoretto televisivo? E poi hanno ragione i ricchi o i poveri? Ancora: non potrebbero aver torto tutti? Certo che sì. Possiamo capire che ognuno voglia privilegiare le rispettive posizioni, ma come si fa a sostenere che l’Udinese o la , per citare due società che spendicchiano, debbano incassare quanto club più umili e che non investono un euro, limitandosi a sopravvivere?

La Lega non fa beneficenza: deve proteggere e, se possibile, rilanciare il calcio italiano. Per il quale fanno di più le grandi e, tra le piccole, le meno piccole: il danaro si dia allora pesando queste differenze. Altra possibile soluzione: malloppo diviso in parti uguali. Succede altrove, ma altrove hanno stadi, mercato protetto e ristoranti. Dalla notte al giorno.

In questo stagno si inseriscono Di Benedetto e i suoi amici americani. Conoscendoci, proveranno panico o disgusto? E quanto vorranno investire in uno sport arcaico e fragile? Il gruppo che prenderà la Roma negli Stati Uniti ha già Red Sox (baseball) e Boston Celtics (basket). Secondo la classifica stilata dalla rivista del canale sportivo americano Espn, i Red Sox in quanto a spese sono ottavi al mondo, mentre i Celtics sono quindicesimi, con stipendi medi di circa 6 milioni di dollari. La Roma è sessantaduesima, con stipendi medi di 3,4 milioni di dollari. Vorranno adeguare la Roma ai fratellini americani? La risposta è no: il nostro, ahinoi, è un altro mondo. Investire dove tutto funziona ha un senso; investire da noi non ha proprio senso.

La stranezza, se vogliamo, è questa: potrebbe essere proprio la Sensi, da presidente di Lega e riformando il calcio italiano, a faciltare l’ingresso dei successori.