La penna degli Altri 16/04/2011 13:24

Finisce l’Era Sensi, 18 anni di vero amore

Una carriera dirigenziale che lo aveva condotto, nell’ottobre 1961, ad assumere la carica di vice presidente del Club. Il suo primo incarico in questa veste, è quello di accogliere i giocatori del Birmingham, finalisti, assieme alla Roma, nella Coppa delle Fiere, occupandosi dell’organizzazione del ricevimento ufficiale offerto in onore della squadra inglese. Roba da predestinato, da “enfant prodige”, poi, però, il lungo addio. Lascia la Roma, seguendo, da galantuomo, la scelta di passare la mano di Anacleto Gianni, presidente, che lo aveva fortemente voluto al suo fianco. Ricordandolo, il grande Franco avrebbe detto: «Ho voluto molto bene a Gianni. Ho ancora rapporti ottimi con la figlia e con il figlio, abbiamo qualche proprietà insieme, abbiamo delle continuità di affetto. Io, che ero un giovane virgulto a livello dirigenziale, ricordo quest’ uomo, culturalmente magari non preparatissimo … però, vi garantisco, aveva un intuito, un “naso”, che gli permetteva di “fotografare” la gente e, nel caso, distruggerla».

Nel suo lungo esilio Sensi segue la vocazione d’imprenditore, nel 1962 è in Russia con la delegazione italiana incaricata di stabilire rapporti economici con il governo sovietico …. nel gennaio 1981 è a Washington per partecipare al ricevimento ufficiale d’insediamento del Presidente Ronald Reagan. Eppure la Roma è sempre nel cuore e nel dicembre del 1983, partecipa, assieme al vecchio amico Anacleto Gianni, ad una cena organizzata dal XII giallo-rosso, che riunisce gli ex presidenti della Roma (Anzalone, Evalgelisti, Marini Dettina) e naturalmente Dino Viola. Qualcuno scatta una fotografia che mostra, assieme, i due più grandi presidenti della storia del Club.

Torniamo al 1993: non potrà mai più esserci un neo-presidente con una cultura romanista più profonda di quella di Franco Sensi, chi verrà nel futuro potrà studiare questa storia e imparare a rispettarla e ad amarla, Franco Sensi l’aveva vissuta per retaggio familiare ed esperienza diretta.

Per questo, leggendo le cronache dei giornali che commentavano il suo avvento alla massima poltrona giallo-rossa dirà: « Non so perché ci si ostini a numerarmi come il 18° presidente della Roma, se sono il 20°. Storiografi e giornalisti dimenticano puntualmente la presidenza di Romolo Vaselli e il commissariato di Augusto D’Arcangeli. D’Arcangeli era Presidente della sezione calcio, quando Anacleto Gianni era Presidente generale della Polisportiva. Ci furono delle frizioni e ricordo che la riunione per cercare un compromesso era stata indetta a casa nostra, alla presenza di mio padre. Quella sera c’erano Gianni e Marini Dettina. All’ultimo D’Arcangeli telefonò dicendo che non sarebbe più venuto». Del romanticismo degli Anni 60, però, nel calcio è rimasto ben poco.

La Roma di Sensi fatica a farsi largo nelle gerarchie della serie A, anche per un trattamento non sempre fortunato riservatole dal destino “cinico e baro”. Già a gennaio del 1994, Sensi aveva chiesto e ottenuto un chiarimento con Matarrese, allora presidente della FIGC, sottolineando una serie di gravi torti subiti sul campo dalla squadra guidata da Carlo Mazzone. Nonostante questo, il 30 gennaio 1994, pochi giorni dopo che il designatore arbitrale Casarin ha richiesto ufficialmente ai suoi direttori di gara di essere più risoluti nella concessione dei penalty, l’arbitro Cesari, a due minuti dalla fine, assegna un inesistente calcio di rigore al , che fa capitolare i giallo-rossi e di fatto li condannerà a rimanere fuori dalla zona UEFA, proprio a vantaggio dei partenopei. Anche Casarin, sconcertato dal brutto errore, dichiarerà: «I rigori diamoli, ma non esageriamo».

Un anno più tardi, il 15 gennaio 1995, a Torino, l’arbitro Stafoggia, e i suoi collaboratori, danno vita all’incredibile beffa della mancata interruzione del gioco in seguito alla spinta subita da Aldair, proprio dal guardalinee Manfredini, che manda la in vantaggio ponendo fine alle velleità scudetto della Roma. Sensi, che prima del match aveva fatto presente a Matarrese come a suo avviso Stafoggia non fosse adatto a dirigere una gara così importante, è fuori di se. Con l’avvento di Zeman, nel luglio del 1998, arrivano le storiche dichiarazioni del Boemo sul doping e la finanza: «Il calcio deve uscire dalle farmacie e dagli uffici finanziari in cui s’è ficcato. Deve tornare ad essere divertimento. Cento pillole a settimana e varie flebo non è giusto usarle (…)». La Roma, esposta sulle barricate di questa battaglia, subisce dei carichi di negatività spaventosi. Sensi, che non piega la testa ed è sempre più determinato a raggiungere la vittoria, ingaggia Fabio Capello. L’accordo (segno del destino), si consuma il 30 maggio 1999. Don Fabio sbarca a Fiumicino, proveniente da Malpensa, alle 10:30. Il Presidente e il suo futuro allenatore pranzano in un ristorante di Testaccio e quando Capello torna ad imbarcarsi, alle 16:30, l’accordo è ormai blindato. L’estate del 2001, vede poi gli acquisti, in rapida sequenza, di Samuel, e naturalmente Gabriel Omar Batistuta. Nelle ore decisive che definiscono la trattativa con la , mettendo fuori gioco l’Inter di Moratti, Sensi telefona in continuazione ai suoi legali lanciando costantemente lo stesso messaggio: «Chiudete, chiudete, chiudete». Arriva così lo scudetto di , Batistuta, Candela, Cafu, Tommasi … e certamente di Franco Sensi. Uno scudetto salutato con un’indimenticabile giro di campo nell’ Olimpico invaso dai tifosi festanti. Quel 17 giugno 2001, il giorno più felice della sua vita al di là delle gioie familiari, Franco Sensi dichiarerà: «Ancora non mi rendo conto di quello che è successo, ma avrò tempo per farlo. Il mio pensiero va allo scudetto del 1983, al presidente Viola che ha faticato come me». Arriva anche la Supecoppa Italiana ma il “destino cinico e baro” torna a colpire. Nel novembre 2002 Sensi, commentando l’alto numero di ammonizioni subite dai giallo-rossi, parla ai microfoni di una radio locale di una “associazione a delinquere”.

Arriva il deferimento per: « aver reso dichiarazioni gravemente lesive della reputazione di persone e del prestigio di organismi operanti nell’ambito della federazione, idonee a mettere in dubbio la correttezza dello svolgimento del campionato ». L’8 marzo del 2005 ecco anche la dichiarazione di : «Contro la abbiamo fatto di tutto per vincere, ma era difficile in 11 contro 14. L’arbitro ha condizionato la partita: nei primi dieci minuti ci sono stati trenta falli. Ma se avesse ammonito qualcuno sarebbe cambiato tutto (...) Fanno vedere ciò che vogliono loro, ma non che al 14’ Del Piero prima mi ha dato un calcio da dietro e poi un pugno nello stomaco. E poi il della mi viene a parlare di fairplay... Ma quale? Loro sono i primi nella classifica dei falli e poi vengono a casa mia a rubare la partita.... ».

L’esplosione di calciopoli nel 2006, confermerà che la Roma costruita da Sensi ha combattuto contro un sistema malato, sedendosi al tavolo con contendenti che non rispettavano le regole, anche per questo i risultati ottenuti sono stati straordinari. Un patrimonio immenso fatto di vittorie, onestà e correttezza. Con l’inclemente avanzare della sua malattia, Franco Sensi passa la mano alla figlia Rosella, che dopo la scomparsa del padre, nell’agosto del 2008, assume la presidenza del club. Ecco dunque, in rapida sequenza le vittorie in Coppa Italia del 2007 e del 2008, l’affermazione in Supercoppa dell’agosto 2007, i secondi posti del 2006, 07, 08, 10 e le due qualificazioni ai quarti di finale di . A quasi 18 anni dall’inizio del viaggio profondamente voluto da Franco Sensi, la Roma è nuovamente di fronte ad un cambio della guardia epocale. La storia è pronta a scrivere un nuovo capitolo.