La penna degli Altri 16/04/2011 10:44

Finisce il romanticismo per Pallotta contano gli affari

Ci sono solo imprenditori e manager che vedono la possibilità di rendere assai più redditizia una società dalle molte potenzialità inespresse. Che vogliono ringiovanire e rafforzare la rosa dei giocatori non per gioire sugli spalti, ma perché i successi della squadra sono la premessa di un suo miglior sfruttamento economico attraverso il nuovo stadio, il «merchandising» , le «tournée» , forse la creazione di una «Roma hall of fame» , in puro stile «yankee» , costruita attorno al «gladiatore» . Forse è meglio così: gente con la testa sulle spalle che non rischia a sproposito e offre il «know how» che ha acquisito in campo sportivo costruendo i successi dei «Boston Celtics» , la squadra di basket della quale Pallotta è cogestore e comproprietario e, in parte, dei «Red Socks» , il team di baseball del quale DiBenedetto è uno dei soci di minoranza. Ma è bene che i tifosi guardino in faccia la realtà: la Roma ha rischiato di restare senza padrone. Ora ne ha trovato uno che, però, metterà radici solo se troverà in à le condizioni per dare attuazione alla sua ricetta. Sperando che sia valida. Sulla reale caratura dei nuovi soci, i romanisti possono solo incrociare le dita. La consapevolezza che non c’era niente di meglio in giro, giustifica comunque un sospiro di sollievo. Per il resto si spera che il gran lavoro di avvocati che ha ritardato la conclusione dell’intesa sia servito anche a garantire che nessuno domani possa svignarsela dall’uscita di sicurezza in puro stile «prendi i soldi e scappa» .

Da questo punto di vista gli occhi oggi sono puntati soprattutto sull’uomo nuovo Pallotta: chi lo conosce da quando ha costruito da zero l’area «equity» del fondo Tudor, uno dei più grandi d’America, giura sulla sua competenza e determinazione. Questo banchiere Usa di origini romane, classe 1958, cresciuto nel North End italoamericano di Boston è anche un finanziere che sicuramente dispone di risorse personali sterminate. È anche un uomo determinato, irruento, uno che due anni fa si è preso senza battere ciglio una multa di 100 mila dollari dalla Nba per aver giudicato discutibile l’arbitraggio di una partita chiave dei suoi Celtics. Magari si innamorerà anche della Roma, ma l’accortezza— la furbizia— con cui gestisce oggi il suo «hedge fund» (che ha chiuso e riaperto negli ultimi mesi) e la sua tendenza a restare fuori dal cono di luce dei riflettori, sembrano essere quelle dell’uomo che guarda ai bilanci più che alle reti scosse da un tiro da fuori area. Cala definitivamente il sipario su una vecchia concezione «romantica» del calcio. Sicuramente da oggi la Roma sarà una società più attenta all’efficienza e alla disciplina interna. Una vera rivoluzione culturale. Anche per la sua tifoseria.