La penna degli Altri 01/04/2011 12:09
DAlema: "Firmare e pagare!"
IL ROMANISTA (S. ROMITA) -
DAlema «Rilassato? No non sono affatto rilassato. Sono un po preoccupato. E lo sarò fino alla firma di "Pallotta". Massimo DAlema non ama fare dichiarazioni sulla "sua" Roma e scherza subito, alla romana, chiamando in causa «lamericano coi soldi» socio di DiBenedetto. Le "uscite" pubbliche vere e proprie sulle vicissitudini, sportive e non, di Totti e compagni si contano sulle dita di una mano dellex presidente del Consiglio. Ma in una pausa, tra una seduta parlamentare e laltra, confessa a Il Romanista di non sentirsi affatto tranquillo. «Perché io due cose credo di averle capite: la prima - dice DAlema - è che Di Benedetto i soldi non ce li ha. Intendo lui personalmente. E questo è chiaro. Nè doveva averceli. Lui è il punto di riferimento dei suoi soci, che invece i soldi li hanno. E quindi lui può far poco per mettere tranquilla la banca. Alla quale suggerisco, e ho già suggerito, di andare a trattare con chi i soldi li dovrà materialmente mettere. Sono gli amici di Di Benedetto che dovranno dire che impegno finanziario di investimento nei prossimi anni sono pronti a garantire. Comunque vediamo
oramai sembra che ci siamo no? Aspettiamo e capiremo qualche cosa in più. Ora cè Roma -Juventus a cui pensare e su cui concentrarci». Chi invece morde un po il freno è Paolo Cento, presidente del Roma Club Montecitorio. Non che nutra dei dubbi o non sia contento della soluzione e dellaccordo raggiunto tra Americani e Unicredit.
E solo che vorrebbe vedere DiBenedetto un po più in linea con la romanità giallorossa. Dice infatti Cento: « Mi sembra che sia partito un po con il piede sbagliato Di Benedetto. Io credo che lo dovrebbero consigliare meglio. E A Roma, avrei voluto che fosse andato a vedere la finale della primavera, allOlmipico. Io al suo posto mi sarei messo in fila al botteghino mi sarei comprato una Monte Mario con un paio di amici o avvocati o bodygard e mi sarei visto i ragazzi. Avrei fatto una dichiarazione riguardo limportanza del vivaio e sarei stato osannato dai tifosi. Queste cose sono importanti. Invece sembra quasi che si nasconda, passando le serate al ristorante o a fare il turista. Anche il discorso sullinadeguatezza dello stadio Olimpico io lo capisco bene per carità ma per i prossimi 5 anni quello è lo stadio dove giocherà la Roma. Questo è lo stadio della Roma. Insomma ci andrei un po più con i piedi di piombo. Detto questo sono chiaramente contento e soddisfatto, se lUnicredit lo è e se la Roma si rafforzerà». Ma cè anche chi dalle perplessità costruisce quadri foschi. E il senatore Elio Lannutti, del partito di Di Pietro, avvezzo alle interrogazioni parlamentari a raffica. Dopo un articolo di Gianni Dragoni sul Sole24Ore che metteva laccento sul fatto che di questi americani e in particolare di Di Benedetto si sapesse ben poco, e che lo stesso ambasciatore Usa a Roma, pur di Boston, non lo conoscesse, il senatore Lannutti ha mostrato perplessità sullintera operazione. E, preso carta e penna ha rivolto uninterrogazione parlamentare al ministro dei Beni Culturali. E non a Tremonti. In particolare il senatore dellIdv vorrebbe sapere perchè la nuova società farà base nel Delaware e non a Boston e perchè sia stato necessario costituirne una ad hoc. In attesa della risposta di Galan rispondiamo noi al senatore: nel Delaware, che non è certo nella lista nera dei paradisi fiscali, nascono molte società americane per questioni di minor pressione fiscale e di grandi vantaggi di riservatezza.
Come per la Svizzera in Europa. Ma in realtà il sen. Lannutti questo lo sa bene visto che lo ricorda lui stesso in questo modo: «Il Delaware è uno Stato minuscolo, ma con una legislazione molto favorevole alle imprese. Il Delaware è un centro finanziario offshore, anche se non è nella lista nera dei paradisi fiscali. Qui hanno la sede legale più di metà delle società quotate negli Usa. È registrata nel Delaware anche la società statunitense. Colpisce che la società sia in Delaware visto che il capocordata, Tom DiBenedetto, è di Boston. I suoi consulenti spiegano che la scelta di una nuova società, una "Newco", basata nel Delaware è dovuta alla semplicità della legislazione locale e ai costi più contenuti. Qui si può contare sul segreto bancario e su un carico fiscale leggerissimo: non si paga lIva, le imposte sugli utili delle aziende si fermano all8,7%, le tasse sul reddito non superano il 5,95 per cento. Il Delaware però evoca anche brutti ricordi. Qui era registrata una società in cui si sono persi i denari dei risparmiatori che hanno dato fiducia alla Parmalat. Lo schermo del Delaware non consente di vedere chi ci sia nella piccola società. I consulenti assicurano che hanno firmato gli accordi per aderire alla cordata altri tre uomini daffari americani: Richard DAmore, James Pallotta, Michael Ruane. La cordata tuttavia non sembra al completo. Permane unaura di riservatezza intorno alla vicenda. Il direttore generale di UniCredit, Paolo Fiorentino, ha espresso ottimismo. si chiede di sapere:quale sia la reale situazione circa la procedura di cessione della società sportiva Roma e se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, vigilare per evitare che unazienda quotata in borsa possa mettere a repentaglio gli investimenti degli azionisti sportivi» Inoltre, il senatore si chiede «se risulti che le trattative per la cessione della Roma portate avanti dal direttore generale di UniCredit, Paolo Fiorentino, non possano nascondere forme di turbativa di mercato». Ma a turbare il mercato e loperazione di vendita, replica alla sostanza dellinterrogazione Paolo Cento, «sembrano essere tutti coloro che spaventati di una ulteriore crescita finanziaria e sportiva della Società Roma stanno provando a mettere i bastoni tra le ruote sommando preoccupazioni giuste a illazioni velenose. Cera chi desiderava una soluzione, come dire, più casalinga e politicamente condizionabile. E poi...se qualcosa non fosse stato chiaro sarebbe già saltata la trattativa».