La penna degli Altri 15/03/2011 10:13

Tagliente: «Roma può puntare in alto»

Tre derby, di cui uno di notte, con esi­ti positivi dal punto di vista della gestio­ne delle sicurezza. Quale è stata la ricet­ta per venirne fuori con successo?

« Ognuno di questi tre appuntamenti, come ogni altra partita, è stato affronta­to con la massima attenzione, anche in relazione alle criticità che il derby in sé racchiude, in relazione alla animosità tra le due tifoserie. Abbiamo sempre pensa­to al derby come un momento di esalta­zione del patrimonio delle tradizioni cul­turali e sportive della à. Non sono mancate tensioni, soprattutto in occasio­ne dei primi due appuntamenti, ma ab­biamo cercato di dare risposte ferme sul fronte delle denunce all’Autorità giudi­ziaria e dei Daspo».

A proposito del derby di notte, quello di Coppa Italia: l'immagine della Tribu­na Tevere con i bambini e gli over 60 ri­mane secondo lei la cartolina- spot mi­gliore per il calcio in questa à?

«Grazie alla collaborazione delle socie­tà, delle scuole calcio e degli altri enti che hanno contribuito alla gestione del­l’evento siamo riusciti a rilanciare l’im­magine di un settore in passato sinonimo di contatti violenti tra le tifoserie, come simbolo dei valori dello sport. Far dispu­tare il derby in orario serale alla presen­za di circa 5000 bambini è senza dubbio un risultato importante, il cui merito va ricondotto al lavoro di squadra che tutti gli attori della gestione della sicurezza hanno saputo interpretare al meglio».

Anche l'ultimo Roma- Lazio, quello di domenica ha dato una buona risposta dal punto di vista della gestione della sicu­rezza. Una ulteriore conferma.

« Quello di domenica è stato forse il “miglior risultato”. E’ il frutto di una ca­pillare attività di pianificazione delle mi­sure per la gestione della sicurezza, che passa attraverso la condivisione delle li­nee guida con tutti i soggetti chiamati a garantire il proprio apporto ed alla capa­cità di interpretare l’evolversi degli sce­nari, anche in corso d’opera, con altret­tanto dinamismo. Anche i tifosi hanno dato prova di correttezza, dimostrando, in questa come in tante altre partite, che lo stadio può essere un momento per vi­vere la passione sportiva, e non un prete­sto per commettere illeciti».

Sono sempre più rari ormai - ed è un successo per tutti - i provvedimenti di partite a porte chiuse. In tutto questo, comunque, dai tempi di Firenze ad oggi non è stata mai una linea che lei ha inte­so sposare. Il suo punto di vista?

«Giocare le partite a porte chiuse signi­fica penalizzare i tifosi che vanno allo stadio per assistere alle partite nel pieno rispetto delle norme. Bisogna incidere invece su chi vede lo stadio solo come un’occasione di commettere illeciti, atti­vando tutti gli strumenti giuridici che l’ordinamento offre».

Ritiene che il rapporto con la tifoseria improntato al rispetto reciproco aiuta a crescere tutti e dà una immagine matu­ra di una à? Utile, spendibile, maga­ri, anche come valore per l'assegnazione di eventi internazionali? Pensiamo a Ro­ma 2020...

«Dare prova di maturità e di civiltà an­che in ambito sportivo rappresenta sen­za dubbio un valore aggiunto che può contribuire a proiettare una à come Roma verso traguardi elevati».

Il calcio è uno dei motori dell'azienda Italia. Le partite allo stadio quanto as­sorbono una come Roma in termini di impiego di uomini, rispetto a tutto l’impianto sicurezza?

«Lo stadio rappresenta un momento si­gnificativo in termini di risorse dell’im­pegno che ogni settimana le Istituzioni esprimono sul fronte sicurezza. Roma, poi, spesso è chiamata a far fronte a nu­merosi appuntamenti sul fronte dell’ordi­ne pubblico, spesso anche concomitanti e critici. Il segreto dei risultati sta nella motivazione degli uomini e delle donne della Polizia di Stato, dell’Arma dei Cara­binieri e della Guardia di Finanza, che ogni giorno operano nei diversi settori. Voglio esprimere loro il mio grazie».

Lei è stato il primo a presiedere l'Os­servatorio per le manifestazioni sporti­ve, partecipando alla sua costituzione, come anche all'attività di consulenza per la normativa sulla violenza negli stadi. Ritiene che si debba continuare a sven­tolare il vessillo del modello inglese o che l'Italia abbia in casa le risorse per creare un proprio modello?

« Nella gestione dell’ordine pubblico non esistono “ ricette” dall’esito sicuro. Mettere a confronto culture e strategie adottate in diversi contesti ambientali, anche internazionali, può offrire senza dubbio un contributo. Quello di approda­re ad una dimensione in cui gli stadi sia­no “ vissuti” dai soli tifosi, senza Forze dell’ordine rappresenta l’obiettivo, ma necessita di condizioni ambientali in gra­do di consentirlo».

A Firenze lei lo ha fatto...

« A Firenze, nell’ultimo anno del mio mandato, siamo riusciti a sperimentare tale formula con esiti positivi. Ma a quel risultato si è arrivati attraverso un per­corso, in cui tutti, i tifosi in primo luogo, hanno assicurato il proprio contributo».