La penna degli Altri 23/02/2011 08:54
"Traghettatore a chi?"
La frase più bella è romantica e al tempo stesso efficace. Riguarda la rotazione, dura da presentare ai suoi ex compagni, anche i più illustri. «E una delle prime cose a cui ho pensato e ho trovato subito la risposta: il giorno più triste della mia vita sportiva è stata la finale-scudetto dellanno scorso in cui ho dovuto escludere quindicenni ragazzi che inseguivano un sogno e che forse sapevano che non avrebbero più avuto unopportunità del genere. Ora, invece, dovrò relazionarmi con professionisti». Il suo ruolo lo conosce bene: «Vi do il titolo: non mi sento un traghettatore». Spiega perché: «Ho accettato mettendo a disposizione la mia serietà, il mio impegno, spero la mia competenza. Il resto non mi interessa. Né se voi ne parliate, nè se qualche allenatore si presenti, si promuova. Nemmeno se si fa il nome di Ancelotti, persona che stimo moltissimo, tecnico preparatissimo. Tutto ciò non mi disturberà, lho messo in preventivo. Il mio obiettivo è far bene da qui alla fine dellanno. Poi si sa: chi fa calcio sa che le cose cambiano continuamente». Insomma crede tanto in se stesso e non si sente allenatore part time. «Sono convinto che non si può, anche vincendo tutte le partite, avere lunanimità mediatica e dei giocatori, sono perfettamente consapevole a che cosa vado incontro. Ma ho accettato con entusiasmo perché ho una grossa fortuna di guidare una formazione così competitiva». Ha i suoi obiettivi: «Non a lungo temine, dobbiamo guardare al presente. Ambiamo al massimo perché questa squadra può fare il massimo. Quindi basta fare il massimo che va bene».
Conosce dove è il male della Roma: «Adesso i giocatori stanno attraversando un momento psicologico non idoneo: perché sono persone per bene e sensibili. Talvolta sarebbe meglio avere un carattere più spigoloso. Credo molto nella loro voglia di rivalsa. Sarà importante parlare soprattutto con ognuno di loro, anche individualmente. Ho già iniziato». Sul turn over, croce della sua carriera proprio in giallorosso, fa un approfondimento. Perché ritiene che la sua promozione, dopo laddio di Ranieri, sia legata proprio al suo modo di reagire alle esclusioni nelléra Capello: «Un giocatore di alto livello per ambire a una grande squadra come la Roma debba avere un alto profilo. Anche giocando mezzora si può essere decisivi. Pure giocando non tutte le partite si può essere amati. Se io sono qua è per questi requisiti. È la qualità di come si fa il minutaggio, non la quantità. Il giocatore si deve incazzare, senza però venir meno ai suoi doveri e essere di disturbo agli altri. Il rispetto per i compagni e per i ruoli non deve mai mancare. Poi se si incazza sono contento, vuol dire che ha qualcosa dentro. Nel momento in cui mi sono incazzato meno ho smesso. Limportante è che il giocatore abbia la voglia di prepararsi a vincere. Significa anche ingoiare qualcosa».
Non scimmiotta nessuno dei suoi allenatori. «Spalletti? Mi ha lasciato in panchina. Dovrò assolutamente riuscire ad essere me stesso. Prenderò qualcosa da ognuno ma se non sono cose tue non avranno mai lo stesso valore anche per chi le ascolta». Racconta il colloquio con Ranieri: «Lho chiamato per due motivi. Per ringraziarlo: è una delle prime persone che, quando ho deciso di fare lallenatore, lha saputo per una coincidenza. Eravamo insieme, mi ha dato consigli. E perché lo stimo. Non sono andato nel dettaglio: io mi devo fare la mia idea, da dentro e da subito, e non da quello che è successo. Insomma, un saluto non di circostanza».