La penna degli Altri 16/02/2011 09:43

Ranieri: "Uniti per vincere"

IL MESSAGGERO (U. TRANI) - 
«Il marito è sempre l’ultimo a sapere certe cose»Claudio Ranieri, bisogna riconoscerlo, resta se stesso. Anche a distanza di anni, in questo caso due. Usò la stessa risposta quando gli chiesero di Ferrara, suo possibile e giovane sostituto sulla panchina della . Stavolta gli basta sentire nominare Montella, allenatore dei Giovanissimi giallorossi, per tirar fuori l’identico concetto. C’è Roma-Shakhtar Donetsk, stasera all’Olimpico alle ore 20,45, gara d’andata degli ottavi di finale di . Non può essere un dettaglio, perché la qualificazione vale 10 milioni di euro che fanno comodo a qualsiasi club per vivere meglio nel grande calcio, figuratevi per questa società indebitata che UniCredit sta cedendo al gruppo statunitense di Tom DiBenedetto. Ma si parla poco della sfida contro i più bravi e ricchi di Ucraina, perché tiene banco il futuro del tecnico, appeso al passaggio del turno e non c’è nemmeno da chiedersi perché. Basta dare un’occhiata alla classifica in campionato: giallorossi ottavi, Milan quasi imprendibile 13 punti avanti e zona a rischio. «Non molliamo. Nè io, nè i giocatori». Ranieri timidamente sventola la bandiera dell’unità di intenti. Non può far altro, perché la sua posizione è ormai fragile. Da martello a incudine, in pochissimi mesi. Deve chiedere aiuto al gruppo che, lo sa bene, non ha mai giocato contro di lui. Il problema è che la Roma, in assoluto, non gioca, lasciando il divertimento alle altre squadre. Grandi e piccole, belle e brutte, di ogni categoria e nazione. L’allenatore per uscire da una crisi grande così può solo sperare che, per una notte e magari in altre gare da qui sino alla fine della stagione, i singoli siano decisivi. Per essere superiori agli avversari. Per vincere. E’ la unica strada. Per salvare il posto e l’annata.

Le sue dichiarazioni, in attesa dello Shakhtar, sono di una debolezza inaudita. Senza scomodare l’autogestione o senza farlo passare per delegittimato (dal club), il quadro di Trigoria è comunque triste. Così Ranieri si affida ai giocatori, per primi quelli con cui il rapporto è logoro da tempo: , alla cinquantesima gara di , Vucinic, Menez, Perrotta, e Doni (novità: non è più terzo), alcuni tra quelli finiti nella lista dei 19 convocati, dove c’è Pettinari e non Pizarro (il cileno, secondo il tecnico, starà fuori almeno altre tre gare: e per fortuna che non era un caso). Puntando sui calciatori (con alcuni ha avuto colloqui a quattr’occhi, ieri solo con ) e non sull’identità di squadra, cerca di andar loro incontro con un sistema di gioco più adatto: sarà , con centravanti e Menez e Vucinic larghi, in fase offensiva , con Perrotta a fare l’incursore dietro il capitano, perché è l’unico assetto con cui possono recitare, si spera bene, a memoria. Segue, insomma, l’input della Sensi. Che convoca i giocatori e non lui. Che ci rimane male ma non lo dice. Anzi approva: «Ha fatto bene a parlare con i quattro capitani, con me non serviva, essendo grande la sua stima nei miei confronti».

Sullo Shakhtar, mani avanti. Non si sa mai: «Qualcuno la considera avversaria facile, ma vedrete che si ricrederà». Lo Shakhtar è primo con 12 punti di vantaggio e con Lucescu, conosciuto da noi grazie a Pisa, Brescia, Inter e Reggiana, ha un tecnico vincente che con il club di Donetsk ha alzato nel 2009 la Coppa Uefa. Ma non gioca una partita ufficiale dall’8 dicembre (il campionato in Ucraina riparte il 3 marzo). «Io lo sapevo. L’avevo detto. Avevo avvertito la squadra e avevo spiegato le cose ai media per farle arrivare ai giocatori». Ripeterà più volte che aveva previsto tutto. Che «l’annata sarebbe stata delicata per il cambio di proprietà». Che«all’allenatore non è stato rinnovato il contratto: normale che tutte queste questioni influiscano». L’aggravante è qui: avrebbe dovuto intervenire e parare il colpo, proprio perché l’annunciato pessimismo era tutto suo, da inizio stagione. «Lo avevo detto già in estate». Subito dopo, però, garantisce: «Ma nessuno di noi vuole alibi» è la grande contraddizione del suo pensiero ad alta voce. Un giorno capiremo perché la Roma stenta e fa cilecca. «Siamo sereni tra noi, io e i giocatori. Gli ho pure chiesto una volta: “Se sono io il problema, me ne vado”». Lo fece nell’intervallo della gara persa all’Olimpico il 19 ottobre. «Vero, Philippe?», chiede a Mexes in grande imbarazzo. «Il resto è gossip romano». Come prima c’era quello torinese. «E ognuno sponsorizza i suoi tecnici: Guardiola, Montella, Franceschino e Antonello». Non sono nomi a caso. Nemmeno quelli di battesimo. Amici e i soliti nemici.