La penna degli Altri 18/02/2011 10:34

Il coro a Trigoria: "Vergognatevi"

IL ROMANISTA (P. BRUNI) - 
Dai fischi dell’Olimpico a quelli di Trigoria. La sgomento dei tifosi sembra non avere fine, come un incubo a puntate, in un canovaccio alla Freddy Krueger, il personaggio cinematografico che tormentava i sogni delle persone. Eccoli lì, circa una cinquantina, compatti e stufi di vedere la Roma continuare a prendere schiaffi a destra e manca. «E’ tornata la Rometta», sussurra qualcuno. «Dovrebbero vergognarsi di loro stessi», sentenzia qualcun altro. La rabbia è coesa, l’amarezza pure. Stefano, abbonato in Sud, ha quasi la bava alla bocca: «Sono indegni di indossare questa maglia. Meritano solamente il mio disprezzo ». David, scuote la testa come se non riuscisse a credere ai propri occhi: «Prendono uno stipendio da favola e si allenano un’oretta al giorno: sanno soltanto chiedere più soldi». Simona: «Li hai visti? Non sanno fare tre passaggi di seguito. Assurdo». Qualche metro prima dell’entrata principale del Bernardini, a , un gruppetto di ragazzi passa il tempo tirando due calcio ad un pallone. «Siamo più forti noi che sta manica di viziati ». «Altro che professionisti sono dei pupazzi», «Non riesco a capire il motivo per cui Ranieri non si dimette.
E quello sarebbe un romanista?». E così via, si potrebbe proseguire all’infinito. Gianluigi: «Sembra essere tornati indietro nel tempo. Che fine ingloriosa stiamo facendo». E poi, Sandro: «Non c’hanno le palle ‘sti buffoni», Salvatore: «Voglio proprio vedere che cosa combineranno a Genova. Al peggio non c’è mai fine», Pietrone: «Pensavo di trovare mille persone stamattina (ieri, ndc) e, come al solito, siamo i soliti noti. Fin quando non ci compatteremo, non otterremo nulla». Il desiderio di passare una nottata che dura, ormai, da troppo tempo è evidente.

 I tanti bocconi amari dovuti mandare giù a forza hanno lasciato un segno profondo. Una ferita infetta e profonda. «Roba da matti» dice una madre a suo figlio. Come darle torto, d’altronde. I limiti fisici, mentali, tattici della Roma hanno fatto a brandelli i nervi della gente. «Dieci gol subiti in appena tre partite. Roba da fantacalcio», commenta Marco. Gli va dietro a ruota Aurelio: «E pensare che Ranieri è un difensivista. Mi pare solamente in confusione». «Confusione? – ribatte Giulio – secondo me viene difende troppo. Il 50% delle colpe sono sue. Speriamo si faccia da parte quanto prima». Furibonda Lela: «Non c’hanno voglia di fare nulla. Li manderei a zappare la terra». Alessio: «Bisogna cacciare l’allenatore. Lo spogliatoio si è spaccato e rischiamo di arrivare decimi in campionato ». Giù di corda, come molti altri, il povero Domenico: «Speriamo che gli americani proseguano ugualmente la trattativa, altrimenti sono dolori». «Via da Trigoria: Ranieri, la Sensi, i dirigenti che vivono sulle nostre spalle e mezza squadra. C’avete rotto le palle», strilla un tipo appoggiato al cancello.  Un po’ qua e un po’ là, si creano capannelli di protesta e le scritte spuntano sui muri come funghi: “Indegni”, “Mercenari”, “Vergogna”. I sogni d’estate hanno lasciato posto ad una malinconica realtà. La gioia in irritazione, la pazienza in veleno. Tutto sembra contornato da un velo di incredulità, sgomento e timore. In pochi giorni la Roma è uscita dalla lotta scudetto e, probabilmente, anche dalla . L’8 marzo servirà la consueta gara della vita a Donetsk. Vittorio: «Pure quest’anno ci toccherà provare a fare il miracolo e, come sempre, finirà male». Lia: «Fare due gol in Ucraina non è complicatissimo, il problema fondamentale è non prenderli. Lì la vedo difficile ». «Tutto uguale nel solito copione giallorosso: ci bastonano all’andata e corriamo a fare gli eroi a ritorno. E’ la storia di sempre», aggiunge Fabio. Sfiduciato e sottotono anche Andrea: «Ho finito gli insulti, non so più che cosa dire a questi buffoni. Solo indifferenza e fischi. Devono capire che per noi la Roma è un amore, non una professione». Ad oggi, però, l’unica impresa che si è vista in giro l’hanno realizzata i sostenitori romanisti: nonostante tutto, almeno loro, riescono a provare qualche sentimento verso chi li sta conducendo nell’oblio dell’anonimato sportivo.