La penna degli Altri 03/02/2011 09:41

E la gente contesta Angelucci

Lo stadio si riempie qualche minuto prima del fischio d’inizio. Prima, mentre la squadra si riscaldava, a parte i soliti cori (e applausi) per , l’attenzione era tutta per lo sceicco che, con sciarpa giallorossa al collo, si aggirava per la Curva e i Distinti stringendo mani e strappando applausi a tutti. Poi, con l’inizio della partita e i risultati che arrivavano da Verona e Palermo, l’attenzione si è spostata sul campo. Primo tempo noioso, secondo più vibrante. Al gol di Borriello lo stadio esplode, quando invece segna Eder cala il gelo. Ma la Sud continua a incitare i giocatori, c’è voglia – e bisogno – di portare a casa i tre punti. Impresa fallita e la delusione è tanta. Sugli spalti e nello spogliatoio: al 90’ ci sono i fischi, poi solo silenzio. E fa male. Tanto. Sembra, per certi versi, di essere tornati indietro di 9 mesi, alla sera di Roma-Sampdoria. Ranieri imbocca subito il tunnel degli spogliatoi, i suoi ragazzi lo seguono. L’aveva detto alla vigilia: «Attenti, queste sfide sono piene di insidie». E’ stato un tristeprofeta, l’allenatore giallorosso, «incavolato nero», per sua stessa ammissione, come poche altre volte da quando è seduto sulla panchina della Roma.

Gli ultimi ad abbandonare parla con l’arbitro, si mette le mani sul volto, si dispera. Poi si ferma sulla pista di atletica, guarda la Sud, scuote la testa. E va via. E’ stato un leone, nel secondo tempo, ha incitato i compagni, ha sbagliato poco o nulla. Non riesce a darsi pace. Quando esce dalla zona mista, guardafisso davanti a sé. Come lui, gli altri. I primi ad uscire dallo spogliatoio sono Doni, Simplicio e Greco. Poi tocca a Riise. Dopo, via via, lo seguono tutti. Tocca anche a Burdisso: mentre la Roma cercava di passare di nuovo in vantaggio, Nicolas si stava scaldando a bordo campo. Ha passato 5 minuti a dare indicazioni ai compagni, si è sbracciato, disperato, chiamava l’arbitro quando la Roma doveva battere l’angolo, invitava il del Brescia a sbrigarsi a rilanciare.

Con lui, Rosi e Castellini, tutti uniti. Il sogno non poteva – e non doveva – essere interrotto. Non è servito. Chi non deve parlare coi giornalisti non vede l’ora di andare a casa. , come sempre, ci mette la faccia. Il morale suo, e di tutti gli altri, è a terra. Meglio dormirci su. E ripartire, da domani. Domenica si rigioca, a questo punto una sfida da dentro o fuori. Bisogna trovare la forza di ripartire, anche se adesso fa ancora troppo male. Gli occhi di lo dicono senza bisogno di parole.