La penna degli Altri 31/01/2011 10:21

Palle di neve al Dall'Ara

IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - 
Alle 15,26 la decisione ufficiale: -Roma non si può giocare. Partita sospesa per decisione dell’arbitro, di comune accordo con i giocatori e gli allenatori. Ad avere la meglio quindi, come ammesso da Ranieri, Montali e Malesani in conferenza stampa, è stato «il buon senso». Impossibile giocare e, soprattutto, troppo alto il rischio di farsi male. Anche se i giornalisti emiliani provano ad alimentare la polemica: «A non voler giocare – spiegano – erano soprattutto quelli della Roma ». Falso. Perché tutti i giocatori, a cominciare da e Di Vaio, hanno detto: «Proviamo », salvo poi rendersi conto dell’impossibilità di proseguire. Come, peraltro, preventivato dai tifosi del prima del fischio d’inizio: «Vedrete – dicevano nei bar adiacenti lo stadio – che si inizierà e poi dopo qualche minuto si smetterà. Le previsioni danno neve intensa nel pomeriggio». E così è successo. La neve su è caduta copiosa fin dalla notte di sabato. Il capoluogo emiliano si presentava completamente imbiancato già dalle 9 di ieri mattina. «Non si gioca», diceva qualcuno, mentre dallo staff giallorosso si invitava alla prudenza. Intorno alle 12.30, mentre Ranieri teneva la consueta riunione pre partita, la neve lasciava spazio alla pioggia, la possibilità di giocare sembrava farsi certezza. Alla “Rotonda ”, a 50 metri dallo stadio, si iniziavano a intravedere anche alcuni tifosi della Roma: sciarpa giallorossa al collo, scarponi e cappello, si chiedevano: «Ma se non si gioca ci rimborsano il biglietto?». Risposta affermativa, a meno che la partita non venga sospesa dopo il primo minuto del secondo tempo. Si fanno le 14.

La neve ricomincia a scendere. Tra gli spettatori pazientemente in fila c’è anche il cantante Cesare Cremonini: «Non capisco – dice a un amico – come faranno a giocare. Speriamo non si faccia male nessuno». Qualche minuto più tardi, le due squadre scendono in campo per il riscaldamento. Borriello si blocca, Menez, in tribuna, indossa gli scarponi da neve e si accomoda in panchina (per la cronaca li avevano anche gli altri, ma nessuno se l’è sentita di indossarli). I due capitani, dopo aver parlato con compagni e allenatori, decidono di provare a giocare. I tifosi della Roma, un centinaio, provano a farsi sentire con “Ovunque tu sarai”, ma dopo un po’ il freddo spegne anche i loro entusiasmi. La temperatura recita -2, i centimetri di neve sul campo sono almeno 4. Alle 15,08 si scende in campo. Non c’è il pallone rosso, quello che in genere si utilizza sotto la neve, visto che, sostengono dal «si vedeva bene quello giallo». Ranieri conferma quasi interamente la formazione prevista alla vigilia, con la sola eccezione di Mexes, sostituito da Juan con a fianco Burdisso. In attacco spazio alla coppia “pesante” formata da Borriello e , con Vucinic in panchina e Menez addirittura in tribuna. Questo nelle intenzioni perché, nel riscaldamento, Marco accusa un dolore alla schiena e al suo posto viene schierato il montenegrino, col francese che si accomoda in panchina. Il primo tiro è della Roma: al 6’ Vucinic, dalla stessa posizione in cui aveva fatto gol a Torino, ci riprova sempre con un a giro che finisce alla sinistra di Viviano. Il pallino del gioco è però in mano al che al 9’ con un colpo di testa di Di Vaio, in dubbio fino all’ultimo per influenza, costringe Cassetti alla deviazione in angolo. E’ di fatto l’ultima azione: al 17’ Banti sospende la partita. Impossibile andare avanti: impossibile giocare e, soprattutto, troppo alto il rischio di farsi male. La decisione arriva dopo che Malesani e Ranieri, in panchina, avevano concordato sull’opportunità di smettere, così come i giocatori in campo. Sono le 15,25 e 42 secondi quando la tv inquadra che, sconsolato, allarga le braccia e dice: «Basta». Finisce così, con la Roma che torna a casa in treno e i tifosi che, alla radio, ascoltano le partite del resto del campionato. Qualcuno stringe tra le mani la maglia di Taddei, unico romanista a sfidare il freddo per regalare ai cento stoici del Dall’Ara un suo cimelio. Almeno quello, unica gioia in una domenica da dimenticare.