La penna degli Altri 06/01/2011 09:52

La Roma è carica

Lo ammette Ranieri, arrendendosi all’evidenza. «Qui la normalità è impossibile», andando contro il Verbo di Spalletti che la ritenne fondamentale negli anni migliori della sua éra. Il tecnico di San Saba accentua, invece, la pressione che si respira qui al punto da definire «happy hours» i casi che spuntano in ogni angolo del centro sportivo e ormai anche fuori. Così non può proprio, come vorrebbe, limitarsi a inquadrare solo la rivale di giornata, tra l’altro mai capace di vincere qui contro i giallorossi. Si fa forza e avverte: «La squadra riparte con la stessa carica, con voglia e determinazione. E sta bene, fisicamente e moralmente. Dobbiamo colmare quel gap».

Insomma, si butta all’inseguimento nella corsa scudetto, come nella stagione scorsa: «Perché vogliamo esserci anche noi, stiamo lavorando per questo». E’ altalenante nei concetti, proprio come la sqadra nei 24 match ufficiali. Nega e ammette, anche sullo stesso argomento: «I casi non ci turbano: i ragazzi sono sereni. Conta averli in forma. Se i pezzi da novanta vogliono dimostrare, l’allenatore è felice». Ma quando poi deve guardare verso il Cile, a Pizarro sempre più lontano da Trigoria, si lascia sfuggire: «Se chiede di andar via, lo lascio partire. Vale per lui come per gli altri. Non sarò io però a decidere: i giocatori importanti li voglio qui. Non c’è niente di complicato tra noi. Quando parlo con lui è tutt’altra storia. Io devo credere a lui e non a quello che sento in giro. Perché se ho qualcosa con qualcuno glielo dico in faccia. Mi ha detto di metterlo poco per volta. Io non l’ho mai sentito. Ho chiesto che vada a seguirlo Bertelli, così quando rientra non perdiamo tempo. Va nella clinica dove si sta curando. Io non multo, tocca alla società».

Si chiama fuori, come altri, sul silenzio del club dopo l’uscita di a Milano sui «papponi che fanno i padroni a Trigoria». «E’ più difficile qui, ma anche più stimolante. Se mi dicono qualcosa io rispondo. Sono cose che toccano la società e non me: dovrà rispondere chi di dovere. Comunque dobbiamo saper navigare in tutti i mari e quello di Roma è sempre mosso».

E’ chiaro sulla scelta del . Fuori Doni: "Nessun ballottaggio, torna Julio Sergio". Non convoca Adriano, ma non lo rimprovera e non lo carica di responsabilità, trattandolo come gli altri: «È rientrato in ritardo per i problemi burocratici, dovrà rimettersi al passo. Ha fatto due partite buone, avrà bisogno di un po’ di tempo per tornera in condizioni accettabili. Mi aspetto tanto da lui, come da perché il suo curriculum è di tanti gol, da Vucinic che ne ha realizzati pochi e da Menez che ha fatto bene ma non si può fermare».

Nella circostanza evita l’esaltazione del capitano che rientra e lo inserisce nella predica (supplica?) al gruppo: «Se tutti capiranno che sono importanti farenmo un bel campionato, in caso contrario no. La rosa è forte e siamo impegnati su tre fronti. Stiamo sfoltendo l’organico: per mandare a giocare alcuni calciatori. Da ventinove siamo scesi a ventisette».

I convocati, però, sono 19: mancano Rosi, Loria e Antunes, vicini all’addio, gli infortunati e Pizarro, il più Adriano, il quarto Pena e Burdisso junior. Preferisce avere meno scelta. Così chiude il mercato proprio in apertura della finestra di gennaio, ascoltando le indicazioni della Banca: «So che dobbiamo vendere, come posso fare richieste? In entrata non c’è nessuno: né Behrami, né Sculli».