La penna degli Altri 22/12/2010 10:00

«La Roma è come quella dell’83»

L’avevamo chiamato per chiedergli di Roma e Milan, avendo militato in entrambe le squadre: un anno straordinario quello nella Capitale, coronato dallo scudetto dell’82/83; quasi a fine carriera l’anno in rossonero, nel ‘96/97. Ma una chiacchierata con lo “zar”, Pietro Vierchowod, non poteva non iniziare da un suo ricordo del ct grazie al quale – pur senza giocare – vinse quel titolo in Spagna nell’82. «Fu bravo soprattutto a tenere unito quel gruppo. E il primo a mettere in atto il silenzio stampa, proteggendo così la squadra dall’assedio in cui ci ritrovammo dopo le prime tre partite, in cui certo non brillammo (la qualificazione alla fase successiva arrivò solo grazie a tre pareggi contro Polonia, Perù e Camerun, ndr)». Eppure, di quei 22 convocati, soltanto 15 scesero in campo, visto che in 7 (Dossena,Massaro, Franco Baresi, Selvaggi e i due portieri, Bordon e Galli) rimaneste inutilizzati. E’ la riprova di come ci sentissimo tutti parte di quel gruppo e ognuno si identificasse nella sua guida. E aggiungiamoci che, al di là dell’età, eravamo tutte persone con la testa sulle spalle.

Che insegnamento vi ha lasciato, Bearzot?

Innanzitutto quello del comportamento, che lo ha fatto essere un esempio per molti di noi. E poi, l’aver dato consapevolezza a tanti giocatori che prima non pensavano di essere così bravi. E la fiducia in se stessi, che è ciò che ci ha fatto crescere in quel Mondiale. Perché, all’inizio, nessuno avrebbe scommesso due lire su di noi. E poi, invece, è andata come sappiamo.

E’ quello che in molti sperano succeda quest’anno anche alla Roma. Poco credito raccolto per quell’avvio stentato e, adesso, la possibilità concreta di rimettersi in corsa. Alla caccia di quel Milan battuto sabato scorso. Come giudica le due squadre?

Penso che nessuno si aspettasse un Milan come questo. E’ un’ottima squadra, ha giocatori importanti, e credo che con Cassano potrà ancora rinforzarsi. Ho però detto, e da subito, che se c’è una squadra che può insidiare il Milan, quella è la Roma. Anche quando non andava bene. Perché analizzando uno per uno i giocatori, ha un organico che non è inferiore a nessun’altra, neanche all’Inter. L’ho detto anche a Ranieri, in Sabato sprint: la Roma fa cose incredibili, vince contro avversarie importanti ma poi ha un abbassamento di tensione quando incontra le “piccole”. Per me, lo ripeto, può vincere lo scudetto. Ma deve trovare un correttivo a quelle partite, contro formazioni minori, che affronta spesso con sufficienza. Deve capire che, anche in quei casi, si deve lottare. Perché non basta essere la Roma per aver già vinto. Penso allo scudetto sfiorato tre anni fa a Catania. E quello dello scorso anno, già vinto, e poi perso nella partita contro la Samp.

Vede punti deboli nei rossoneri?

Quest’anno sono migliorati tantissimo. E non solo davanti. Fanno molto meglio anche la fase difensiva. Anche se mancano un po’ sugli esterni. In mezzo, però, hanno due marcatori fissi dove prima ce n’era uno solo. Thiago Silva e Nesta stanno facendo bene. Comunque, e la Roma lo ha dimostrato sabato, è una squadra che si può battere.

Da grande stopper qual è stato, come valuta la coppia centrale della Roma, dove si alternano in tre, Juan,Mexes e Burdisso? P

enso che quando ha molto spazio alle spalle, incontra qualche difficoltà, perché non è molto veloce. Quando, invece, la squadra si difende abbastanza bassa e riparte in contropiede, diventa difficilmente superabile, perché avendo leve lunghe, su distanze brevi riescono a prendere qualsiasi pallone. Sabato la Roma ha giocato con una linea di difesa più alta, ma c’è da dire che questo Milan era abbastanza lento nelle ripartenze. E una volta uscito Pirlo, che era l’unico che lanciava in profondità, la squadra è diventata prevedibile e la Roma ha avuto gioco facile, mantenendo il possesso palla e impedendo al Milan di attaccare.

Veniamo invece a lei: a cominciare proprio dall’anno in rossonero. Una stagione, quella di Milan e Roma, iniziata per entrambe con un tecnico sudamericano (Carlos Bianchi e Tabarez) e terminata con il ritorno di Sacchi nell’una e di Liedholm nell’altra. Un solo gol al suo attivo, ma proprio contro i giallorossi.

Lo ricordo ancora. Era su calcio d’angolo. Ci fu una respinta, e io, che arrivavo da dietro, la misi dentro di testa. Finì però 1-1 (pareggio di Fonseca, ndr).

Nessun gol, invece, e fu l’unica volta in carriera, nell’anno in giallorosso.

Sarebbe stato impossibile. Ogni volta che provavo a superare la metà campo, sentivo la voce di Liedholm: “Pietro, torna indietro!” mi gridava.

Un patto d’onore tra Mantovani e Viola fece sì che lei arrivasse a Roma grazie ad uno scambio di prestiti: Dario Bonetti e Maggiora alla Samp, e lei qua. Ma solo per un anno.

Mi sarebbe piaciuto molto rimanere, anche per giocare la Coppa dei Campioni. L’avevo pure chiesto a Mantovani, ma c’era ancora il vincolo. E non potei fare nulla.

Che ricordo ha di quell’anno?

Stupendo. Era il mio primo scudetto. In una à in cui sono stato molto bene. Con grandi giocatori, che mi hanno fatto migliorare tantissimo. E una squadra che già da qualche anno puntava in alto ed era preparata per raggiungere ogni traguardo. Ma questa Roma è come quella. E lo scudetto, quest’anno, lo può vincere anche lei.