La penna degli Altri 28/12/2010 09:49
"Fondazione AS Roma sì, ecco perché"
IL ROMANISTA (D. GALLI) -
Un piano B. O più semplicemente unalternativa credibile. Secondo fonti finanziarie vicine alla trattativa per la cessione dellAs Roma, alcuni soggetti potrebbero unirsi per rilevare il club qualora il procedimento di vendita targato Rothschild- Unicredit dovesse andare per le lunghe. Oppure naufragare. Ma come, però? Attraverso il modello Barcellona. Costituendo una fondazione cui dovrebbero aderire sia Unicredit, sia una decina di facoltosi imprenditori, sia - nelle intenzioni di queste fonti - MyRoma, lazionariato popolare romanista. La fondazione potrebbe detenere l80% del capitale sociale dellAs Roma. Il restante 20% potrebbe restare in capo a uno dei soci della fondazione oppure a un investitore esterno, che in questo modo diventerebbe azionista di riferimento e assumerebbe la gestione dellAs Roma. Nelleventualità di un disegno del genere, il primo a prenotarsi per un posto nella fondazione è un capitano dindustria in jeans e polo. Allanagrafe è Marco Boglione, per i mercati di tutto il mondo è Mister Kappa. È luomo che nel 94 ha rilevato il Maglificio Calzificio Torinese SpA per farne un impero. Limpero del casual. Attraverso la holding Basic Net controlla marchi come Kappa, Robe di Kappa, K-Way, Superga, AnziBesson, Lanzera e Jesus Jeans. Ha spedito in archivio il bilancio 2009 con un fatturato consolidato pari a 155 milioni di euro. È torinese ed è un sincero ammiratore della famiglia Sensi. Ha vestito lAs Roma nellanno del terzo scudetto, ma soprattutto la veste ora.È partner tecnico dal 2007. Lo sarà fino alla stagione 2016/2017, quando verserà nelle casse giallorosse qualcosa come 8,1 milioni di euro. «Se ci fosse da far parte di una fondazione Roma - dice al "Romanista" - vorrei essere addirittura tra i primi ad acquistare una quota».
Boglione, cosa pensa delle indiscrezioni che circolano sulla cessione dellAs Roma?
"So che si è in cerca di un assetto strategico importante per la società. E che quindi si stanno valutando una serie di ipotesi. Una di queste è la cordata di imprenditori. Si spieghi meglio. Vede, i modelli di business per le società di calcio non sono tanti. Questo è il problema. Cè il modello "alla Moratti". Della serie, mi compro la società e gestisco tutto io. Poi, negli anni, si è fatta strada anche la soluzione della quotazione in Borsa del club. Dellazionariato popolare con fini di lucro, inteso quindi come investimento. Ma poi si è visto che la formula della public company non andava bene per il sistema calcio. Quindi? Cè una terza via. È quella dellazionariato popolare senza fini di lucro. Lesempio che si cita frequentemente è quello del football club sostenuto da una fondazione."
Una fondazione?
"Sì. Penso alla Fondazione Barcellona, che fa da azionista di maggioranza per tutte le discipline dellassociazione sportiva. Tra cui il calcio. In cima cè questa grossa holding finanziaria, ricchissima, dove tutti partecipano per prestigio, tifo e interesse. Poi, possono esserci uno o più imprenditori che acquistano una quota di minoranza della società, divenendo soci di riferimento e assumendo così la responsabilità gestionale. Certo, mi rendo conto che la Fondazione Barcellona è unica. Ma..."
La interrompo, presidente: ma i 173 mila soci che attualmente possiedono una quota del Barça che ruolo hanno?
"Bisogna distinguere il Barcellona Football Club dalla Fondazione Barcellona. Facciamo un parallelo con lAs Roma. È come se lAs Roma avesse per socio di stramaggioranza(Boglione si affida volutamente a uniperbole, ndr) una ipotetica fondazione Roma. Nel caso del Barcellona, nel capitale del Football Club entrano degli imprenditori che poi hanno lonere e lonore della conduzione. Ma cè sempre la Fondazione sopra le loro teste, la cui immensa forza economica impedirà al Football Club di andare in crisi una volta che questi soggetti non avessero più interesse o capacità finanziarie."
Questo modello è applicabile allAs Roma?
"Guardi il Siena."
Il Siena?
"Lì cè unistituzione che si comporta come la Fondazione Barcellona. È il Monte dei Paschi di Siena il vero socio del Siena Calcio. Poi ci sono degli imprenditori che, come avviene per il Barcellona e il Real Madrid, ci mettono del loro: passione, gestione e quindi anche la faccia. È un processo virtuoso. Un modello di business riveduto e corretto, certo. Ma simile a quello del Barcellona."
È così che è saltata fuori lipotesi di replicare questo modello anche a Roma?
"Ci si sta chiedendo se sia possibile. Un socio forte, fortissimo, già cè. È Unicredit. Potrebbe continuare ad esserci, magari non con una posizione così totalitaria, assieme a tanti altri soci che potrebbero andare a riproporre una sorta di Fondazione Barcellona a Roma. E poi ci sarebbe sempre un imprenditore, una famiglia, un super-tifoso della Roma, che potrebbe acquisire una partecipazione di minoranza, e così anche la leadership del club. Quanto di minoranza? Mah, che so, un 20%."
Quale dovrebbe essere il punto di partenza?
"Andrebbe costituita una Fondazione Roma. Questo soggetto, di cui - come le ripeto - potrebbe far parte Unicredit, potrebbe avere l80% dellAs Roma. Quel restante 20%, appunto, potrebbe appartenere a un imprenditore che magari è già socio della Fondazione Roma e che, con quella quota, diventerebbe socio di riferimento dellAs Roma."
A Roma cè un azionariato popolare senza fini di lucro. Si chiama MyRoma. Dovrebbe stare dentro lAs Roma o dentro la Fondazione Roma?
"Nella Fondazione, assieme a Unicredit e ad altri soggetti. La cosa potrebbe funzionare. E potrebbe funzionare anche per unaltra importantissima ragione. Quale? La Fondazione sarebbe impegnata per quell80%, linvestitore solo per il 20%. In questa ottica, non ci sarebbe più bisogno di trovare un Paperon de Paperoni, luomo dei sogni, un petroliere arabo. Basterebbe un capitano coraggioso che con quel 20% si esponesse per guidare il club."
Secondo lei, Unicredit potrebbe accettare un piano del genere?
"Questo lo sa solo la banca. Se però Unicredit volesse vendere adesso le sue azioni As Roma, sarebbe un disastro. Laltro modello di business, quello del mecenate, del russo che dice a Piazza Cordusio: "ecco i soldi, qua prendo tutto io", ben venga. Sennò, che altro si potrebbe fare? Già."
Altrimenti?
"Altrimenti... si sta così. I Sensi gestiscono bene lAs Roma e Unicredit si tiene la sua partecipazione. Ma non cè un assetto strategico. Non si possono fare programmi a lunga scadenza."
Lei potrebbe fare parte di questo disegno?
"Se ci fosse un progetto di questo genere, con una grande banca che ci sta dentro e altri imprenditori che ci credono e portano in alto il nome della Capitale, perché no? Se ci fosse da far parte di una fondazione Roma, vorrei essere addirittura tra i primi a essere interpellato. Anche se non sarò io certo quello che controllerà lAs Roma. Ricapitolando. Lei non sarà limprenditore del 20%,ma potrebbe essere uno dei soci della fondazione. Certo. Più soci ci sono, meglio è. Anche perché lAs Roma è una vetrina internazionale. Sì. E noi lo sappiamo bene. La sponsorizziamo e lo faremo ancora per molti anni."
Vuol dire che crediamo in questa società. Quel socio titolare del 20% potrebbe essere sempre la famiglia Sensi?
"Mi piacerebbe, perché secondo me sta amministrando bene il club. Ma potrebbe anche essere qualcun altro. Non lo so. I tifosi della Roma sognano lAbramovich di turno. Se arriva, e chi lo manda via? Ma se uno aspetta e poi non si presenta nessuno? Oppure sì, ma poi si scopre che si tratta dellAbramovich sbagliato (un ciarlatano, ndr)? Occorre allora iniziare a pensare a qualcosa di più strategico. Un ostacolo per chi volesse investire, italiano o straniero, è lassenza di una normativa di riferimento sugli stadi di proprietà. Ma certo. Siamo indietrissimo rispetto al resto dEuropa. Ci sarà un motivo se nessuno straniero si è ancora affacciato in Italia, no?"