La penna degli Altri 18/11/2010 10:38

La sua Cagiva Sv l’ha aspettato a casa per 35 anni Sulla via del ritorno, Giorgio Rossi l’ha fatto emozionare

segati, piallati e incollati, perché servissero all’ uso, seggiole, letti; ma ogni primavera, nelle notti in cui salgono le linfe, si riscuotono, si destano, si stirano, non sono più sedia, oggetto, scopo, ma prendono parte di nuovo allo scorrere e al fluire della vita di fuori. Sotto i miei piedi scricchiolano le assi e si muovono, sotto le mani crocchia il legno del davanzale, e al margine della via davanti alla porta, persino il tronco fradicio e scheggiato di un tiglio butta grosse gemme brune (…)». Pagherei per avere scritto queste righe, ma

ahimè, la farina proviene dal sacco immortale di Erich Maria Remarque, il più grande scrittore del 900, che così concludeva il suo "Weg Zuruck", vale a dire “La via del ritorno”. Tutta la vita, per Remarque è un tentativo

di tornare a qualcosa: un volto, un amore, un paesaggio o semplicemente delle abitudini. Il privilegio del ritorno, però, del nuovo fiorire della vita, è quasi sempre impossibile, spetta a pochi fortunati. Mi è venuto in mente quando ho iniziato a pensare ai giorni che hanno segnato il ritorno di Ranieri a Roma. Qualche anno prima qualcuno gli aveva effettivamente chiesto se pensasse mai al suo passato e lui, sorridendo

aveva risposto: «Sono cose di mille anni fa!».



Roma era lontana, e forse lo faceva pensare ai suoi 16 anni, a quando girava per le strade di San Saba a bordo di una fiammante Cagiva Sv. Da quella Cagiva, però, Ranieri non aveva mai voluto separarsi. Continuava ad essere in un garage della capitale … in attesa inconsapevole di qualcosa o qualcuno. Una motocicletta, mi dico, non la tieni come soprammobile, ti piace pensare che un giorno, forse, tornerai a farci 

un giro, magari con poche curve. Il ritorno a Roma per Claudio è stato come il pensiero di un viaggio in moto: inconfessabile, magari scansato, riposto in un angolo, ma mai buttato via. L’1 settembre 2009, poi, l’addio di Spalletti, improvvisamente si concretizza. I risultati della squadra, reduce da due sconfitte in campionato sono solo una parte del problema. Spalletti che per anni ha regalato alla Roma un gioco che è stato l’invia di

tutta l’Europa calcistica appare “sfinito”, forse convinto di aver donato alla causa sino all’ultima stilla della propria energia. Già alla fine della stagione 2008/09, c’erano state delle riflessioni, ma quella fase

sembrava essere stata superata con soddisfazione di entrambe le parti. Non era così, evidentemente, e ora occorreva tirare le somme di quella situazione, compiendo la scelta giusta nei tempi più rapidi.



Ranieri alle 11:00 di quella mattina incontra il Presidente Rosella Sensi, che gli chiede la disponibilità ad impegnarsi con il club giallo-rosso, aggiungendo che anche suo padre, il grande Franco Sensi, nel passato aveva pensato a lui per quell’incarico così difficile e prestigioso. Constata l’irrevocabilità delle dimissioni di Spalletti, già alle 18,45, il nuovo tecnico è in grado di esprimere alla stampa la soddisfazione per

il buon esito della trattativa. I dettagli contrattuali saranno ottemperati in seguito, ma la sostanza non cambia, Claudio Ranieri, dopo aver guidato formazioni di rango in tutta Europa, torna in sella, sposando il club che lo ha visto nascere, che lo ha formato calcisticamente e che ora attende dal suo operato un deciso rilancio.

La prima giornata al  inizia alle 9,00 del giorno seguente. Parcheggia la macchina e una volta all’interno del centro è subito in maglia e calzoncini, salutato dai tifosi che fanno capolino al di là del cancello. Nello spogliatoio incrocia  
il mitico Giorgio Rossi, ed è subito un enorme salto nel passato. E’ Giorgio a “presentarlo”: «Quando il Mister è entrato nella primavera, sotto la direzione del grandissimo Guido Masetti, ho avuto il piacere di essere il massaggiatore della squadra in cui lui era inserito». A Ranieri brillano gli occhi, il ritorno gli sembra ora meno astratto, lo assale con l’intensità di un’emozione che raramente aveva provato.

Lo stato d’animo in cui si trova emerge pienamente nella conferenza stampa tenuta quel giorno, quando in un passaggio dichiara: «Io porterò pragmatismo, non saremo spumeggianti come con Spalletti, ma mi sento di dare tutto me stesso. Dopo 35 anni torno a casa e la voglia è notevole. 

Servono lavoro, sacrificio e dedizione massima. La squadra ha bisogno di una scossa, di credere in quello che ha fatto. Siamo in un momento difficile, con l’aiuto di tutti i ragazzi torneremo a lottare per le alte posizioni.

Il campionato è ancora tutto da giocare, e i tifosi meritano di lottare e sognare, di stare in alto».

Ecco dunque il ritorno, fatto di promesse mantenute, di pragmatismo, cura dei dettagli e di quei sentimenti che ci si è quasi disabituati a ritrovare. A un anno di distanza sappiamo tutti quali sono i successi sportivi che la Roma ha colto grazie a Ranieri, ma il nostro compito non è quello di ripercorrere quei risultati, ma di mostrare

qual’è stata “la via del ritorno” di Claudio Martello.



E la Via del ritorno è a Testaccio, dove una sera di novembre, arrivò a piedi: «Lì – disse a chi gli era intorno – ricordo che c’era una banca. E qui la macelleria dei miei genitori. Mi dividevo tra questi posti e l’oratorio, 

comunque dovunque ci fosse da tirare calci ad un pallone … questa è casa mia». Una casa, per dirla con Pavese, “ci vuole, non fosse altro per andarsene”, se poi hai la fortuna di tornarci, scopri che ogni singolo metro percorso sul tuo cammino lo hai percorso sperando di trovare “la via del ritorno”.