La penna degli Altri 20/08/2010 14:01

E Francesco, a terra, disse «Danie’, tocca a te»

Le ultime notizie sul capitano e sull’acciaccato Perrotta, entrambi reduci da infortuni, erano rassicuranti, ma Juan e Ferrari sarebbero rimasti a Roma, Pizarro avrebbe seguito la squadra solo come tifoso (una maledizione per lui, quella meneghina) e Doni si apprestava a difendere i pali avendo alle spalle un precampionato che lo aveva visto impegnato mezz’ora con il e un tempo contro la . I rimpianti di Spalletti, però, erano tutti per Juan. Il Mister lo aveva ammesso, era stato tradito dalla fretta di rivederlo in campo e aveva deciso di schierarlo nell’inutile amichevole di Cesena contro la . Le sensazioni del brasiliano durante il riscaldamento sembravano buone e invece era arrivato lo stop che inguaiava non poco la retroguardia capitolina.

I pronostici erano tutti per i campioni d’Italia, l’unico ad essere cauto era Roberto Boninsegna che nel coro di peana nerazzurri si era permesso di far notare che: «San Siro risveglia sempre i romanisti. La Roma negli ultimi tempi qui ha giocato sempre grandi partite». All’alba del 19 agosto il capannone di Testaccio era vuoto. I volontari dell’UTR si erano uniti ai 7000 tifosi volati a Milano per accompagnare la Roma nella difficile impresa. Una scorta preziosa che iniziò a farsi sentire prima ancora dell’ inizio della gara, quando gli interisti dispiegarono la loro coreografia, un enorme bandierone accompagnato dalla scritta: «Ecco chi siamo, i padroni di Milano» I romanisti rispondono con l’arma dell’ironia cantando: «Nun se po’ guardà!», poi sempre più convinti: «La capitale, noi siamo la capitale».

Inter Channel, intanto, ha già iniziato ad irradiare le immagini dal sottopassaggio, Chivu, alla sua prima gara contro la Roma scambia qualche parola con Spalletti. Il rumeno sembra seccato, mentre il tecnico appare concentrato. E anche la Roma, dopo il fischio d’inizio è più viva e ansiosa di fare sua la gara, conquistando la cinquantesima vittoria della sua storia contro l’Inter. Già al 7’ Tonetto si infila in area per ricevere una rimessa laterale di Vucinic. Con Julio Caesar in uscita mette dentro dove Giuly completamente solo sbaglia un gol già fatto, inaugurando una serata da candid camera in cui il francese sciuperà quello che occhio umano non ha mai visto sciupare. Al 27’ Vucinic brucia Materazzi e con un tocco d’esterno mette ancora Giuly davanti alla porta, ma Ludovic appoggia debolmente verso l’ estremo difensore avversario.

Nella ripresa l’Inter prova a tirare fuori la testa dal guscio grazie ad un colpo di testa di Suazo imbeccato da Burdisso e a un clamoroso contropiede di Figo, su cui Doni compie un’autentica prodezza in uscita. E’ il momento determinante del match, ma per capirne l’importanza occorre tornare indietro di 25 secondi. L’occasione nerazzurra era infatti nata da una clamorosa svista dell’arbitro Rosetti. Al 68’ aveva battuto un calcio d’angolo, Mexes aveva ciccato la palla che filtrando era stata calciata con violenza da Tonetto. La traiettoria è però interrotta dal braccio di Figo dentro l’area di rigore. Sul ribaltamento dell’azione, da un lancio perfetto di Ibrahimovic era nata l’azione che rischiava di portare l’Inter al più immeritato dei vantaggi. Rosetti però non è ancora appagato, due rigori negati alla Roma sono ancora poco e quindi decide di espellere Perrotta che sta per entrare in campo. Il campione del mondo, furibondo, viene praticamente allontanato di forza da Scaglia e Vito Scala, la panchina della Roma e i giocatori in campo sono increduli. La rabbia, però si trasforma in furore agonistico, mentre Spalletti fa scaldare Brighi, sradica la palla dai piedi di Figo in scivolata. Il numero 16 ha disputato una gara mostruosa. Al 90’ avrà giostrato in 66 azioni, per 19 giocate utili e con 16 palloni recuperati. Nessuno tra i 22 in campo può contare su numeri del genere.

Arriviamo al 76’ e 48’’, è proprio ad inventare un lancio strepitoso per , largo sulla sinistra. Il capitano salta Burdisso, che lo mette a terra e non ha neanche la forza di protestare, quando Rosetti si arrende e indica finalmente il dischetto. Tutti aspettano alla battuta, ma il numero 10 ha avvertito una fitta alla coscia e non ci pensa un attimo, cerca e gli dice: «Pensaci tu». Daniele prende la rincorsa e fa centro, esplodendo. Bacia la maglia, poi corre sotto la curva romanista. Aquilani e Vucinic lo raggiungono, per abbracciarlo deve salire sopra un cartellone pubblicitario. Prima della fine c’è ancora tempo per un colpo di tacco in rovesciata del capitano che restituisce così la palla a Taddei e per una bella occasione capitata a Vucinic, poi, dopo 125 giorni esatti dal successo in Coppa Italia è ancora tempo di alzare una coppa a San Siro. La festa, iniziata sul prato di San Siro con l’inno della Roma sparato dagli altoparlanti dello stadio, prosegue al terminal A di Fiumicino, con i tifosi che sommergono, letteralmente il pullman della squadra. La Roma ha distrutto l’Inter battendola nel possesso palla 24 36’’ contro 21 06’ , nei tiri in porta, 4 contro 2 e nei corner, con un eloquente 10 a 0. Pochi giorni dopo la Supercoppa e la maglia numero 16 autografata di erano nelle teche di Testaccio, ammirate dai tifosi. Il cerchio era chiuso.