La penna degli Altri 10/06/2010 10:48

Quando a Piazza Esedra sbarcarono Guaita, Scopelli, Stagnaro. Lo zuccotto di Falcao, l’elicottero di Renato, lo stupore di Bati

1-0 dalla Lupa). All’inviato del Littoriale riuscirà di scambiare alcune battute con i tre. Eudan, nel suo articolo iniziava a familiarizzare con i soprannomi di Guaita e Scopelli (El Indio ed El Conejto). I due riferendosi al gioco

italiano osservarono che la velocità dei terzini era “indispensabile” se si sperava di metterli in fuorigioco.

La storia avrebbe dimostrato che non si trattava di una minaccia, ma bensì di una promessa poi mantenuta. Facciamo un poderoso salto sino al 10 agosto del 1980, all’aeroporto di Fiumicino sta per sbarcare Paolo Roberto Falcao. Dino Viola che coltiva il culto della sacralità del Club ha stabilito che il giocatore dovrà essere presentato ufficialmente solo l’indomani e che ogni dichiarazione deve essere rinviata. La folta delegazione dell’AS Roma è composta dal Vice Presidente Cacciavillani e dai dirigenti Romiti e Raule. E’ soprattutto Raule, spaventato dalla ressa che si accalca attorno al brasiliano a chiedere ai carabinieri in servizio di far allontanare Falcao da un’uscita secondaria. Nonostante questo il bagno di folla è inevitabile, i tifosi riescono a mettere al collo del nuovo idolo una sciarpa, a fargli indossare uno zuccotto giallo-rosso, poi a sottrargli l’unica, storica, dichiarazione della giornata: «Io sono venuto qui perché sono uno abituato a vincere e gioco sempre per vincere». Quel 10 agosto, il giorno di San Lorenzo, Falcao sparì all’interno di una beta rossa bordeaux, in compagnia dei dirigenti della Roma e dell’onnipresente avvocato Colombo. L’indomani il cerimoniale della presentazione di consumò all’Hotel Pamphili, con la presenza di una trentina di giornalisti. Paolo mostrò ai flash dei fotografi la sua prima maglia della Roma (una playground che indossando giacca e cravatta non infilò), poi, quello stesso pomeriggio sarebbe partito per Parma per unirsi alla squadra e al Barone Liedholm.

Lasciamo i dolci ricordi del “Divino” e torniamo ad una presentazione che più che a Trigoria sembrò essere organizzata a “Fort Apache”. Era il 23 luglio 1987, protagonista Lionello Manfredonia. Di fronte alla durissima contestazione di una larga fetta del pubblico romanista, Dino Viola, eccezionale e paradossale anche nello sdrammatizzare dichiarò: «Contestazione? Il termine è esagerato. Diciamo dissenso». I tifosi quel giorno erano ovunque, fuori dai cancelli del , assiepati sulla tribunetta del campo sociale… Manfredonia vestì la sua prima maglia della Roma nella sala riunioni, i suoi compagni di squadra apparivano turbati e guardavano con preoccupazione i cancelli, solo Voller, come testimoniato da Fulvio Stinchelli aveva: «l’aria quasi felice. Chiede acqua e una casetta alla tedesca».

L’anno successivo, sempre a Trigoria si sarebbe vissuto l’arrivo hollywoodiano di Renato, sbarcato da un elicottero, ma nel cuore e nella memoria dei tifosi rimane però il 6 giugno 2000. L’intera accolse Batistuta, che entrando in campo per salutare chiese stupito: «Ma qui è sempre così?». Il 3 agosto di quello stesso anno in 15.000 avrebbero accolto , Samuel, Zebina e Balbo. Quella volta oltre alla gli addetti al servizio d’ordine, preoccupati dell’imponente afflusso, decisero di aprire anche il settore distinti.