La penna degli Altri 16/05/2010 13:20

Ventimila cuori. Una sola fede

E quella volta che arriva primo, se e quando succede, se la gode di più. Noi oggi faremo vedere ai bambini del Chievo (ce ne saranno a migliaia, ospiti della società) e ai loro papà, cosa significa amare. L’abbiamo già fatto altre volte, lo faremo sempre. La Roma, in fondo, potrebbe ancora vincerlo il suo quarto scudetto, qualora un miracolo accadesse a Siena, ma quelli che sono partiti o stanno per farlo in fondo sanno che vanno a festeggiare un secondo posto.

Inatteso, insperato, amaro ma va bene: chi nasce a Roma non deve vincere per forza, e si può essere primi degli sconfitti e girare a testa alta lo stesso, come e più di chi potrà strombazzare nella nebbia per qualche ora, ma neppure troppo, che poi la mattina da quelle parti la gente lavora: come qui da noi, ma loro pensano di essere gli unici. Unici invece siamo noi.

I tifosi della Roma sono andati a Basilea, a vedere la partita più brutta, poi a Siena, per la prima di Ranieri. Tutti a Palermo sotto al diluvio, a Catania no, ma solo perché li hanno fatti restare a casa. Poi hanno visto il furto di San Siro contro il Milan, ci fosse stata un’inchiesta ci sarebbero stati 2500 testimoni pronti a deporre, e forse solo allora qualcuno si sarebbe ricordato che gli ospiti lì li mettono in un posto dove vedere è quasi impossibile, ma tanto uno va per esserci, altrimenti sta a casa.

Come sarebbe stato quasi comprensibile fare per una partita come quella di Udine, in mezzo alla settimana, eppure erano 500. A dicembre tutti a Genova, con la Samp e poi a Cagliari, in 400, il giorno della Befana e del carbone di Daniele Conti. Il 23 gennaio a Torino 3mila romanisti hanno goduto come poche volte. In 5000 a Firenze, terra di conquista. A Livorno, a metà marzo, altri 2500 con l’amaro in bocca e l’orgoglio nel cuore. A non mandano i romani, i romanisti arrivano lo stesso, dal Nord, con tutto che era mercoledì sera. C’è una ragione. A Bari in 13mila. Il 18 aprile la Roma gioca in casa della Lazio: 25mila cuori stanno nelle scarpette viola di Vucinic.

Si vince lì, si vince a Parma, ma non è più la stessa cosa, è la più difficile e la più bella, testa alta morale a terra, ma si riparte. Fino a Verona, dove un tempo c’era l’Hellas. Adesso sono in Prima Divisione e sono arrivati dietro il Portogruaro. Al Bentegodi ci gioca il Chievo. I tifosi della Roma ci saranno lo stesso, come quando c’erano l’Hellas, l’Avellino, il Pisa e il Catanzaro: quelli del Chievo credevano ai Mussi volanti, quelli che li sovrasteranno per numero allo scudetto (non) ci credono, ma se lo diranno da domani, tanto per non essere troppo tristi e cantare lo stesso, magari stringendosi un po’, con relativa voglia e vecchie maniere.