La penna degli Altri 07/05/2010 12:10

Un campione non deve mai lasciarsi andare

E non giustifichiamolo dicendo che lui ne ha presi tanti di calci, che gli hanno rotto le gambe, che siamo tutti colpevoli, che la strafottenza è nel dna dei romani e che un campione non è un robot ma ha un'anima e un carattere che provoca certe reazioni. Anche brutte. Perché la maglia con la scritta «Vi ho purgato ancora» per far imbestialire i laziali dopo un derby vinto fu folcloristica e fece ridere, quella mano con il segno 4 sventolata agli juventini ci poteva pure stare, ma già il doppio pollice verso nell'ultima stracittadina il lo sapeva che avrebbe lasciato una scia velenosa. Per non parlare dello schiaffo che rifilò un suo ex compagno di squadra, che lo aveva offeso «come padre e come marito» o dello sputo, manco fosse stato un lama del Perù, al danese Poulsen.

Quello dell'Olimpico, come hanno visto bene tutti, è stato un fallo rabbioso figlio di un lampo di follia che il talentuoso numero 10 non può permettersi perché lui non è soltanto un campione, ma è un simbolo, una bandiera. Una bandiera che rischia di colorarsi anche un po' di vergogna come peraltro già accaduto ad altri fuoriclasse che con la stessa facilità hanno fatto imprese e follie. Anche a chi non mangia pane e calcio, tornano alla mente altri gesti clamorosi di altri fuoriclasse a cominciare da la corsa imprevedibile di un lord del calcio come Marco Tardelli che in scivolata colpisce e atterra un ignaro Gianni Rivera; lo storico "kung fu kick", il calcio volante che il marsigliese Eric Cantona (chiamato dai tifosi del Manchester con understatement «Dio») rifila a un tifoso avversario che gli insulta la madre; la capocciata che Zinedine Zidane, altro marsigliese, stampa sul petto di Marco Materazzi stendendolo alla finale dei mondiali 2006. Insomma, non solo non è da campioni comportarsi senza cervello, ma non è da uomini, adulti e vaccinati. E forse lo ha capito visto che ieri sera ha chiesto scusa ammettendo di aver sbagliato. Ed ha aggiunto: «La cosa brutta è che rimani solo». Ma questo capita più ai campioni che agli uomini...