La penna degli Altri 06/05/2010 10:44

Resta l’orgoglio e la voglia di «stringersi un po’»

E’ la notte, come sempre, della Sud che alle sette e mezza è quasi piena. Ha appena finito di salutare Riise, entrato a saggiare il terreno. Ha la tuta, è «bello come er sole, roscio come er come mio», recita un illuminato stendardo. C’è la musica di Lady Gaga, lui muove la testa e le mani a ritmo. Uno spettacolo, quasi come quando calcia col sinistro. Qualche minuto dopo entra l’Inter, quasi al completo: si riconosce solo Balotelli, con rosario al collo e discreto occhiale bianco in faccia. Piovono fischi, coperti, solo in parte, dalla musica che viene dagli altoparlanti. Radio Italia, sponsor della Coppa, mette canzoni a ripetizione, ma il pubblico non apprezza: «Semo tradizionali noi, mica stamo in discoteca», dice qualcuno. E intanto si leggono e rileggono i fogli col coro anti Lazio. Voglia di stringersi un po’ rivisitato e corretto ad hoc. Sul maxi schermo compaiono le immagini dei giocatori giallorossi che scendono dal pullman: è un’ovazione. Boato di fischi, invece, quando viene inquadrato lo spogliatoio dell’Inter. Triste, d’altronde i colori «so quelli che so». Entra in campo la Roma, non c’è. Parte dalla panchina, lo stupore è grande. «Ma che sta male?», si chiedono in tanti. Si domanda a casa, via sms. La paura aumenta quando entrano in campo le riserve per il riscaldamento e di Francesco neanche l’ombra. C’è da sostenere la Roma, però. E quindi via. “Alè alè la Roma”. Si risponde agli interisti che cantano “A Roma solo la Lazio” e l’Olimpico diventa una bolgia giallorossa. Sarà un caso che quando Chivu entri in campo, guardi prima la Sud e poi il settore nerazzurro?

Compare Mourinho. E sono riferibili solo i fischi. Poi appare , la luce. E infatti vengono accesi i riflettori. Si aspetta l’inizio della partita, arrivano informazioni sul traffico che impedisce a gran parte delle persone di arrivare in anticipo. Davide, che arriva sotto la Sud alle 20.20, spiega: «Ho lasciato il motorino al Flaminio e me la so fatta a piedi. Non so come, ma ce so arrivato. E mo si comincia». Gianni Luca, invece, polemizza con gli ospiti: «Si sono tanto lamentati che era la Roma a giocare in casa, ma non riescono neanche a riempire il Distinto». Non come i romanisti: «Ogni volta che siamo andati a giocare la finale di ritorno a Milano, eravamo molti più di loro. Mica è colpa nostra se Roma è la Capitale e Milano no». Si alza uno striscione: “L’Olimpico hai infangato, contro la tua squadra hai tifato, di Milano sei il servo dichiarato”. Coro contro la à del Duomo. E poi ancora: “Affittasi Curva Nord a qualsiasi prezzo. Tifo ed esultanza inclusi». Lo leggono anche Cassetti e Andreolli, seduti vicini in tribuna. E ridono. Si pensa più alla Lazio (nulla di quello che è stato detto e cantato è riportabile) che all’Inter, ma d’altronde, come hanno ben dimostrato domenica sera, sono la stessa cosa. Quindi, per favore, «laziale cambia canale». Alle 20.45 comincia la partita, l’ennesima sfida. «Andiamoci a prende la stella». Dopo le formazioni, vengono i due inni . «L’orrendo» Pazza Inter quasi non si sente, Roma, Roma, Roma è uno spettacolo. E inizia quando entrano in campo le squadre. in campo canta, così come il presidente Sensi e la mamma Maria in tribuna. La banda dei Carabinieri suona l’inno di Mameli, ma non lo sente nessuno. Alè, Forza Roma alè sovrasta tutto, è uno spettacolo di bandiere e colori. Si canta talmente tanto che si fatica persino a sentire il vicino di posto. Le scaramanzie sono tantissime, una su tutte: Paolo, 27 anni, a Roma-Inter di campionato ha dimenticato gli occhiali a casa. «E quindi – spiega – la partita me l’hanno raccontata, perché non vedo quasi nulla. Oggi li ho lasciati a casa per scelta. Non ce vedo, canto e basta». Trenta secondi di gioco, si fa male Sneijder. Chiede il cambio, al suo posto Balotelli. Fischi, fischi e ancora fischi. Segna Milito, ma era in fuorigioco. Gli interisti esultano «evidentemente non so abituati a vedersi fischiare le cose», è il commento di Daniele, proprio mentre Materazzi pensa bene di mettere le mani al collo di Vucinic. Il primo tempo scivola via, con Julio Cesar che toglie un pallone dai piedi di Toni proprio la Sud, e Samuel – fischiatissimo – che entra al posto di Cordoba. Al 40’ Milito va via a Perrotta e Mexes e segna. Subito, immediatamente, la Sud riprende a cantare. Più forte di prima. Capisce il momento, la Roma ha bisogno. Anche se non si può non commentare «quanto è forte Milito. Un fenomeno assoluto, da solo vale dieci Eto’o». Che, tanto per citare il labiale di «rompe ogni due secondi».
 
All’intervallo, dopo i sei minuti di recupero, la Sud si riposa. Perché ci sono ancora altri 45 minuti di battaglia. Da affrontare con Motta al posto di Burdisso e soprattutto al posto di Pizarro. Al primo pallone toccato dal , sono solo applausi. E infatti il pericolo più grande arriva proprio dai suoi piedi. Punizione «mica vorrà tira’ da là» e invece tira, Julio Cesar non trattiene e Juan, di testa, si mangia un gol grosso come una casa. «Ranieri si deve sbrigare a togliere Toni e mettere Menez». Detto, fatto. Ma non serve a niente. Non serve a pareggiare, né tanto meno a vincere. Non è notte di campioni, questa. Ma è una notte d’amore. E’una notte d’orgoglio. E’ una notte di sport. E’ una notte nostra, insomma. E nessuno lo cambierà mai. Che sarà sarà. L’orgoglio di Roma siamo noi.