La penna degli Altri 31/05/2010 12:12

Lunga vita all’Imperatore

Un predestinato, Adriano. Fin da ragazzino, quando lasciava la favela per raggiungere la "Gavea", il tempio del "Fla", dominato dalle braccia aperte del Cristo Redentore. Un sinistro potente, che ai cronisti più anziani faceva ricordare quello di Roberto Rivelino e di Eder. Il primo a parlarmi di lui, onore al merito, fu Franco Causio, soprannominato, negli anni della sua gloria, non solo "Barone", ma anche "Brazil", sposato, tra l’altro, in seconde nozze, con una brasileira: «Darwin, ho visto in azione un giovane attaccante formidabile. Si chiama Adriano Leite Ribeiro: possiede un fisico robusto e quando tira in porta... poveri portieri!».

In effetti, il bomberino ci sapeva fare. Coraggio, determinazione, precisione. Nella mia carriera, e da buon italo-brasiliano, amante del futébol, ho visto in azione tantissimi centravanti. Da bambino, nel quartiere Cambuci di San Paolo, sono cresciuto nel mito di Vavà e di José Altafini, soprannominato "Mazzola", per la sua somiglianza con l’immenso Valentino, capitano del Grande Torino. Entrambi campioni del mondo nel 1958 in Svezia. Poi, ecco arrivare la punta tattica: Tostao, mundial del ’70 in Messico. Angelo Benedicto Sormani, calciatore nobile. Quindi Leivinha, Dadà Maravilha, Roberto Dinamite, Serginho (ma che delusione in Spagna, nell’82!), Careca, Ronaldo, Romario: Adriano non sfigura affatto in simile compagnia. E ci ha stupito, ma per davvero, la mancata convocazione del neo-romanista da parte di Carlos Dunga...

Adriano venne preso dall’Inter del 2001, per essere ceduto alla , fino aconoscere la prima affermazione nel Parma, 37 presenze e 23 reti. Ancora l’Inter, il San Paolo, di nuovo l’Inter, il Flamengo e, nella prossima stagione, la Roma, dove - sotto la saggia guida di Claudio Ranieri - potrà esibire, al fianco di , tutto il suo recuperato talento.

Adriano ha attraversato momenti difficili. Il 24 aprile 2009, dopo litigi, pentimenti, ribellioni, ha lasciato definitivamente l’Inter. Voleva, doveva tornare a Rio. Per rimettere in ordine i suoi pensieri, la sua anima, i suoi tormenti. Per smettere di sbagliare. Per recuperare il tempo perduto. Non è stato facile, anche nella "à Meravigliosa" si è ritrovato su strade errate. Ma sono stati attimi, momenti, frammenti. Poco alla volta, con la forza del riscatto e dell’orgoglio, con la voglia di non finire nel gorgo dei giocatori evaporati, l’attaccante è ritornato a parlare il linguaggio che meglio conosce: quello dei gol. I gol come liberazione, metafora della vita, recuperata felicità. 

La Roma ha capito il senso della sua rinascita. E ha deciso di riportarlo in Italia: e da buon "Imperatore" non poteva che finire nella Capitale! Adriano Leite Ribeiro è nato a Rio il 17 febbraio 1982. L’82. Uno degli anni più neri della storia del football brasiliano. In Spagna, una delle Seleçao più belle viene eliminate dall’Italia di Enzo Bearzot. Un’Italia risorta dalle ceneri di Vigo, capace di superare l’Argentina di Diego Armando Maradona e di rimandare a casa, con un perentorio 3-2, tripletta di Paolo Rossi nuovamente Pablito, il Brasile delle "stelle". Il Brasile allenato da Telé Santana e che poteva contare sulla classe di Leo Junior, Toninho Cerezo, Paulo Roberto Falçao, Zico, Socates. Nascere in quell’anno poteva rappresentare uno scherzo del destino per un futuro giocatore verdeoro. Invece, Adriano ha rovesciato la sorte, non è stato contagiato dalla "generazione degli sconfitti", si è mostrato con le sue qualità e i suoi difetti, e con l’ultima impresa, la conquista della classifica cannonieri (19 reti, alla pari di Diego Tardelli dell’Atletico Mineiro) nel campionato brasiliano. La risposta più chiara a chi lo dava, ormai, per finito, avviato su un tristissimo viale del tramonto. L’ex interista ha dato la risposta migliore, sul prato verde, cancellando i dubbi, i sospetti, le perplessità.

Io sono, dalla nascita, tifoso del Palmeiras di San Paolo. Un tempo si chiamava Palestra Italia, i fatti cambiarono nel 1942, quando il Brasile si schierò, nella Seconda Guerra Mondiale, al fianco degli Stati Uniti d’America, contro l’Italia fascista e la Germania nazista. Basta con i nomi italiani, ecco a voi il Palmeiras! Arrivato in Italia nel 1961, potevo seguire la mia squadra soltanto attraverso i rari risultati sui quotidiani sportivi o i ritagli di giornale che mi spedivano i miei parenti da San Paolo, da Rio o dal Minas Gerais. Oggi è diverso. Posso vedere il torneo brasiliano in diretta. Così, seguendo le varie partite, purtroppo non sempre viene

trasmesso il mio Verdao..., ho avuto modo di assistere alla rinascita di Adriano. Un piacere vederlo ancora, segnare, alzare le braccia al cielo, sorridere, diventare un punto di riferimento per i compagni e per la "torcida".

Un fenomeno. Un autentico fenomeno. E la Roma, con straordinario intuito, lo ha preso: così si comporta un club vincente, che guarda al presente e al futuro.