La penna degli Altri 07/05/2010 13:00

Lui, Sivori, Zidane i numeri 10 da 5 in condotta

va a concludere la sua stagione difficile, lo fa con un gesto volgare, violento, non spontaneo ma cercato, che si aggiunge a troppi altri, il pugno a Colonnese, le mani in faccia a Galante, il calcio a Obodo, lo sputo a Poulsen, la maglietta purgativa ai laziali, gli insulti a Moreno, roba brutta e sporca per un grande calciatore e capitano, di cui nessuno può discutere talento, stile, efficacia, forza, importanza. Ma l’educazione? O meglio, il comportamento nei confronti dell’avversario, dell’arbitro, del pubblico rivale? Il senso dello sport e della sconfitta?

Riaffiora il calcio di strada, senza legge o con un regolamento dei conti immediato, la vendetta, lo sgambetto, il cazzotto, l’insulto. Sivori teneva i calzettoni addormentati (alla “sgagassa”, dicevano a Torino) sulle caviglie per provocare il difensore all’entrata bastarda ma qualche giocata dopo, mentre l’azione si sviluppava da un’altra parte, era lui a farlo stramazzare con una testata sulla faccia o una tacchettata sugli stinchi. Zidane prendeva a pugni, contro il Marsiglia, il suo futuro sodale di squadra Desailly, o ripeteva il colpo con Fink, tedesco del Bayer Leverkusen, o scalciava Mendy del Mantigues, ed erano i giorni di Bordeaux, oppure si spazzolava le scarpe sul corpo del saudita Fouad Amin durante i mondiali del Novantotto, o prendeva a testate Kientz dell’Amburgo ed era la e, ancora a Madrid, con la maglietta del Real, addirittura una espulsione la sera in cui trenta telecamere lo ritraevano passo per passo, goccia di sudore per goccia di sudore, un intero film a lui dedicato, “Zidane Ritratto del XXI secolo”, vergogna compresa, per finire alla testata di Berlino, l’ultima, storica, mortificante.



si siede allo stesso tavolo e con la stessa impunità di chi è protetto dai propri cortigiani che sono i tifosi, e si può capire, i dirigenti, un po’ meno, gli uomini politici, questo no, come non si può ammettere, i giornalisti. ottavo re, ultimo baluardo contro il potere del Nord, simbolo della romanità, il dépliant turistico è una collezione ridicola di frasi e luoghi comuni, retorici, infantili, fragilissimi. è il calcio di oggi, quello prepotente e arrogante, screanzato, quello che ritiene di essere unico, esclusivo quando il fatto avviene tra i confini domestici ma si trasforma in martire, vittima, codardo non appena si emigra, si va a sperimentare il proprio egocontro qualcuno che la pensa diversamente.

Il Tottificio, la sua esaltazione eterna, come la à di residenza, sono state vitamine avariate per la maturazione di un talento naturale, di un ragazzo che con il pallone sa fare quello che vuole; la permanenza a Roma non ha contribuito a migliorare il suo bagaglio professionale, non certo la sua educazione, come confermano gli esempi, ugualmente, negativi di Sivori e di Zidane.

Da oggi tornerà a correre lo stesso pericolo, a trovarsi, cioè, attorniato dai cortigiani pronti a giustificarne gli errori e le colpe con l’alibi della provocazione. Anche Zidane, dopo Berlino, così si scusò: «Il vero colpevole non è chi reagisce ma chi provoca». Anche Sivori diceva che gli avversari avevano un solo obiettivo, picchiarlo. Forse Maradona o Platini, Puskas o Rivera, Suarez o Baggio, ricevevano soltanto confetti e carezze o erano esclusi dalla caccia all’uomo?

Sul comodino di resta il fotogramma di mercoledì notte, l’album, pieno di immagini trionfali, qualche pagina è stata strappata dallo stesso autore. La colpa non è di nessun altro, questa è la vita. lo sa, the life is now.