La penna degli Altri 06/05/2010 11:48

La maglia storica continua a inseguire una stella d’argento

Ho conosciuto Paolo Castellani nel 2007, in un capannone dell’ex Mattatoio di Testaccio. Abbiamo diviso insieme l’incredibile esperienza della mostra dedicata dall’Unione Tifosi Romanisti di Fabrizio Grassetti per gli 80 anni della Roma. E’ lì che ho imparato ad apprezzare questo ragazzo dalle due passioni, i Clash e la Roma. Ben presto scoprii che Paolo era un’autentica autorità in materia di maglie. Hai una foto in cui si vede solo il risvolto del colletto di una maglia giallorossa? Vai da lui e sei certo che riuscirà a dirti di che anno è quella muta. Un giorno mentre passeggiavamo per i box della mostra, ormai felicemente invasa da una folla di visitatori, mi indicò qualcuno vicino ad una teca che ospitava una maglia storica: «Quello è il collezionista che conserva la casacca di Agostino Di Bartolomei della finale di Coppa dei Campioni». Mi spiegò nel dettaglio quelle che erano le caratteristiche del tessuto di quella maglia, mi disse anche che non so in quale deposito esisteva ancora il telaio che le aveva realizzate. Poi finalmente disse: «Se proprio dovessi scegliere una maglia tra tutte quelle della storia della Roma ... beh, prenderei quella». Lo disse con il tono disincantato di chi aveva appena ammesso che gli sarebbe piaciuto volare come un uccello per raggiungere prima l’ ufficio, evitando il traffico. Guardai il mio amico e gli dissi: «Attento ai tuoi sogni, potrebbero avverarsi». Come il destino volle, quasi due an- ni più tardi il mio telefono squillò, la maglia di Agostino era in vendita e mi veniva chiesto se conoscessi un romanista di provata fede che potesse prendersi cura di quella reliquia della storia giallorossa. Telefonai a Castellani che per quattro volte si rifiutò di prendere in considerazione quanto stavo dicendo, alla quinta, finalmente disse: «Stai scherzando vero?». Dopo avermi costretto a spergiurare, finalmente si convinse e sprofondò nello sconforto: «Non è possibile!». Due giorni più tardi, la numero 10 Bianca luce finiva nelle mani del miglior templare immaginabile. Da allora Paolo Castellani è un uomo definitivamente realizzato e definitivamente uscito “dall’arena” del collezionismo militante. Una sola insidia, lo sapevo, avrebbe potuto fargli considerare l’idea di meditare un ritorno all’antica febbre .... l’insidia è Paolo Roberto Falcao, più di un mito per Paolo, una sorta di totem che incarna l’ essenza stessa dello spirito romanista. Alcune delle discussioni più accanite avute negli anni con l’ottimo Castellani riguardano proprio il peso del brasiliano nella storia giallo-rossa.

Per lui, il Numero 5 del nostro cuore sopravanza anche ... guai a contraddirlo e dico, qualcuno deve pure contraddirlo, perché Falcao è Falcao e giù il cappello, ma Francesco ... è . Comunque sia, alcuni giorni fa, Paolo è venuto a conoscenza che in Brasile ... Beh, insomma, il resto della storia ho ottenuto che fosse proprio lui a raccontarlo. «È arrivata ieri, da Rio de Janeiro. Avevo smesso. Anzi, ho smesso. Però... Collezionare è un vizio, è noto. Figurine, libri antichi, soldatini, porcellane, non importa cosa. Quando appare all’orizzonte il “pezzo” che ti manca, che aspettavi “da sempre”, si catena irrefrenabile il desiderio e si agisce. Lo voglio, mi serve, ce l’ho. Collezionavo/ colleziono maglie della Magica, rigorosamente indossate o preparate per essere indossate dai giocatori (non quelle vendute nei negozi, insomma), match worn direbbero quelli seri. Ma dopo un acquisto folle avevo smesso, anzi avevo venduto buona parte della mia piccola collezione per ripianare il debito e tenere solo i pezzi più importanti: Ago, , Pluto, ... Mancava Lui. Una Sua maglia. Parlo, è ovvio dal maiuscolo, del Divino, di Colui che ha rivelato ai Romani che è bello desiderare sempre di vincere e soprattutto come farlo. Venne tra noi, vide, insegnò, ci innamorò, vinse, vincemmo, ci portò più in alto di tutti e di sempre e per un attimo guardò giù e forse ebbe paura; tornò in Brasile. Ai più giovani e a chi ha smesso di ringraziarlo anche solo per il fatto di essere nato ricordo il suo nome: Paulo Roberto Falcao. La maglia è una delle ultime della sua carriera, Mondiali 1986, oro e verde, nazionale brasiliana, Numero 5.

Particolari fondamentali (per maniaci) per distinguerla dalle repliche: il tessuto, le etichette e la mancanza, come solo in quell’occasione, del piccolo sponsor del cafezinho accanto alla coppa Rimet, nello stemma.
Arriva, dicevo, da Rio de Janeiro, da fonte sicura di cimeli inimmaginabili e certamente originali relativi alla nazionale e ai calciatori brasiliani. Non è una maglia della Magica, ma è appunto una delle ultime del Divino, che sempre tale e della Magica resterà; è dell’anno in cui dopo la fugace apparizione a quel Mondiale smise di predicare calcio su di un prato verde, dell’anno in cui i Clash smisero di rivelare il senso della musica e della vita al mondo e dell’anno in cui, proprio durante i Mondiali e nel giorno di una partita del Brasile, il mio papà se ne andò da questo mondo. Collezionare è questo, non si smette mai, perché il passato non si dimentica e dovrebbe insegnare a vivere e vincere nel presente e nel futuro. Anche grazie a una maglia. Paolo». Continua a inseguire una stella.