La penna degli Altri 19/05/2010 12:34
Con la Roma per donare la vita
Insieme alla Roma per donare la vita è lo slogan che accompagna liniziativa, promossa in collaborazione con la società giallorossa e di cui si celebra questanno la quinta edizione. Ancora una volta, in ricordo di Luciano Fioravanti, il dirigente della As Roma prematuramente scomparso nel 2005 e cognato dellaltrettanto compianto presidente Franco Sensi.
Con il prof. Tartaglione ripercorriamo una storia, che è fatta di grande partecipazione popolare, e che di anno in anno ha visto crescere il numero dei donatori.
«La prima volta fu il 10 dicembre del 2005. Luciano Fioravanti era deceduto solo da un paio di mesi e, daccordo con la signora Angela, la moglie, organizzammo quellevento in venti giorni, in maniera quasi pionieristica. Lanno successivo lo spostammo ai primi di gennaio, alla Befana, e da un punto di vista organizzativo, avemmo sicuramente più tempo. Quella data tornava bene anche alla luce dei cicli di raccolta del sangue. Tenuto infatti conto che la gente, in quel periodo, va in vacanza, sembrava la migliore allocazione per rimpinguare la scarsissime dotazioni. Basti dire che nel consuntivo della Regione, i numeri di quel giorno quasi 1000 sacche costituirono l80, se non addirittura il 90% dellintera raccolta del Lazio in quel mese».
Lo scorso anno si è scelta la fine di marzo, mentre in questo 2010 si è preferito far slittare liniziativa a fine campionato.
«Ci sono varie componenti che vanno valutate per decidere la data e il periodo migliori. Ricordiamo come allinizio della stagione - ormai lo si può dire con tranquillità - vi fosse una crisi di fiducia nella tifoseria. Una crisi che, a mio parere e di chi come me ha una fede incrollabile, appariva ingiustificata. Cè poi un altro problema. Legato alla mancanza di soste in campionato. Perché io, da medico, guardo a questa manifestazione non solo come a un appuntamento importante dal mio punto di vista. Non dimentico infatti quelli che sono diritti e doveri di chi ispira questa giornata. Ovvero la Roma calcio, che è una società che fa sport e per la quale, come per noi, lattenzione verso la salute è massima. Ma, proprio per questo, ci sembrava che distogliere, o comunque impegnare la squadra in qualche cosa che, per quanto importante, esula da quelli che sono gli obiettivi primari della società stessa, non poteva non essere preso in considerazione».
Cosa, a suo parere, va maggiormente sottolineato dellintera iniziativa?
«Direi lestrema democraticità. Perché coinvolge tutti, allo stesso modo, senza che vi sia una prevalenza delluno o dellaltro. Perché, alla fine, tutti si sentono attori e protagonisti di questa manifestazione. Un po come accade nel calcio, dove si fa appunto un lavoro di squadra e tutti concorrono per la propria parte al raggiungimento di un obiettivo. O come accede sugli spalti di uno stadio, dove i tifosi sono il dodicesimo uomo in campo e, per la carica emotiva che riescono a trasmettere, fanno sì che le forze sul terreno di gioco si moltiplichino».
Uniniziativa che porta tante firme tra i promotori.
«E una manifestazione che vive del dono di tutti. Dalla società, che ci ha messo il nome, la faccia e limpegno economico, ai centri trasfusionali, che ci mettono il personale. Anche stavolta saranno sedici, ovvero la totalità dei centri presenti a Roma. Abbiamo fatto un piccolo spostamento nel calendario, perché inizialmente si era pensato all8 maggio, quando però il campionato era ancora troppo caldo. Devo dire che, alla fin fine, questa data permette di far risaltare ancora di più quei valori che tutti invocano nel calcio. E una risposta anche se la Roma non ha certo bisogno di queste occasioni per evidenziare i propri comportamenti a quanti hanno voluto infangare limmagine di una società, di una tifoseria, o addirittura di un giocatore, i cui gesti lo dico da persona che ancora gioca al calcio, meglio a calcetto sono cose che rientrano nella normale trance agonistica e niente hanno a che vedere con la violenza, quella stessa che vediamo purtroppo dilagante in tanti altri ambiti».
Lappuntamento è, come ogni anno, nello spazio antistante la curva sud?
«Sì, vi sarà una grande tenda riservata allaccoglienza, grazie alla Croce Rossa, che mette a disposizione più di trecento uomini. Un apporto significativo, da parte di unorganizzazione che è composta anche di tanti donatori di sangue. Ma che, in questoccasione e proprio per non alterare alcun equilibrio - visto lo scopo di promuovere la donazione da parte di quei tanti che non lhanno mai fatta - interviene esclusivamente con
il suo personale e il sostegno logistico, rinunciando quindi ad ogni opera di proselitismo».
Ci può descrivere come è organizzata la raccolta, che sarà aperta dalle 8 alle 12?
«Vi sono sedici tavoli, dove coloro che hanno intenzione di donare daranno le proprie generalità e, in modo assolutamente casuale, verranno assegnati ai vari centri di raccolta distribuiti accanto allo stadio, a partire dalla curva Sud, lungo la Tribuna Tevere, e fino alla Nord. Saranno accompagnati. A piedi nei centri più vicini, con le navette in quelli più lontani. Ci sarà anche un grosso poliambulatorio, sempre della Croce Rossa, per prestare soccorso se necessario - a quanti dovessero avere un piccolo malore. Tutti i centri hanno i propri medici e i prelievi verranno effettuati nel rispetto assoluto dei criteri che vengono adottati per le donazioni in ospedale. Il mio compito è proprio quello di verificare che tutto si svolga nella massima sicurezza dei donatori. Prova ne è che allOlimpico vi sono dieci ambulatori fissi, ma noi ne utilizzeremo soltanto otto, perché gli altri due in Tribuna Monte Mario comportano la salita di scale, mentre la legge trasfusionale non ammette ostacoli di questo tipo. Ciò significa anche che la Croce Rossa si è fatta carico di ulteriori tende, così come il Centro Regionale Sangue, che invierà delle proprie autoemoteche, oltre a quella messa a disposizione dallOspedale Militare del Celio».
Un po di numeri.
«In passato, la raccolta ha visto sempre l85- 90% di donazioni valide. Che, in totale, fanno quasi tremila donazioni in quattro edizioni. Vuol dire la più grande manifestazione in Italia, che mi dà un piacere doppio, visto che è legato alla mia squadra del cuore».
Un riscontro importante, quello venuto da tifosi e non.
«Una giusta miscela di entusiasmo e partecipazione. Dal punto di vista medico, non viene fatto un espresso invito ai gruppi di donatori precostituiti. Non perché non siano importanti senza di loro non avremmo i risultati che abbiamo! - ma perché la manifestazione ha lo scopo di sollecitare chi non cha mai pensato, alla donazione. E a quel 35% di coloro che non lha mai fatto, va aggiunto un altro 35% di donatori occasionali, magari perché un proprio parente aveva bisogno, e quindi legando la donazione ad unoccasione specifica. Con la speranza che sia negli uni, sia negli altri, si riesca a instillare quel desiderio, e quella convenienza, a donare periodicamente. Una convenienza che è data anche dal meccanismo che si innesca, di controlli medici periodici, che il servizio sanitario nazionale non è sempre in grado di assicurare, ma che la donazione rende possibili».
Claudio Ranieri, nellinvitare i tifosi, ha detto che donare il sangue vale più del semplice donare.
«Quando si fa qualcosa che, materialmente, può salvare la vita di unaltra persona, si può non trarre gioia dal sapersi utili agli altri? Io faccio ancora i turni la notte. E troppo spesso mi imbatto in persone in pericolo di vita. Ci sono tanti modi per aiutare gli altri. Cè chi lo fa dando soldi, ma nulla ti dà la sensazione che può regalarti laver donato il sangue. E non lo dico io, ma tutti quelli che lo fanno. E che vanno via contenti, perché sentono di aver fatto una cosa utile».
Un riscontro significativo è venuto anche dalla squadra. Non solo attraverso lo spot televisivo.
«Sono rimasto esterrefatto dalla risposta dei giocatori. Conservo tutte le locandine delle varie edizioni. La prima mostra un capannello di giocatori (da Aquilani, a Totti, a Montella), abbracciati tra loro, ma senza che sia visibile il viso. Beninteso, non per loro richiesta. Per scrupolo, infatti, ci si era posti il problema del diritto di immagine e se fosse giusto impegnare i giocatori in tal senso. Dalla seconda edizione, è cambiato tutto. Basti vedere la foto di questanno, dove ci sono tutti i giocatori, sul campo, a Trigoria, che si tengono per mano, sorridenti, e, come dice lo slogan, invitano ad essere insieme alla Roma, per donare la vita. E stato questo, oltre a quello fattivo della donazione, il loro contributo, straordinario, alliniziativa»