La penna degli Altri 29/05/2010 11:37

Adriano, la cura si chiama Roma

Così si è presentato a Massimo Moratti nell’estate del 2001. Palcoscenico, Santiago Bernabeu, amichevole estiva tra Inter e Real. Fresco fresco, il giovane Adriano entra, passa un minutino e gli tocca battere un calcio di punizione dal limite dell’area. Boom, gol. Applausi. Giovane e bravo. Personalità, faccia da bravo ragazzo, tutto casa e chiesa. Ma chi è quel ragazzo, come si chiama? Adriano, appunto. Non lo conosceva nessuno. Paolo Bonolis, forse. Solo lui, così si disse. Se è così, tanto di cappello. Interista intenditore. Poi, visto che era così bravo,Adriano, lo hanno dato in prestito alla . Lì, l’esplosione. Quindici presenze, otto gol. Tutto in sei mesi. Per poi passare alla corte di Prandelli al Parma, in comproprietà. Prima in coppia con Mutu (e che coppia), poi la difficile convivenza con Gilardino, poi l’addio a gennaio 2003. Quasi due stagioni di altissimo livello: 37 presenze, 23 gol.Torna alla base e a Milano subito fa vedere di che pasta è fatto. Bombe micidiali, da fermo, in corsa (basti ricordare il coast to coast contro l’Udinese), sotto porta, di testa. Gol a raffica e prestazioni di livello. Tanto da parlare di lui come possibile Pallone d’Oro.

Tutto normale, fino all’ottobre 2004, la morte del padre lo distrugge, gli cambia la vita, non solo quella calcistica. Si esprime ancora ai suoi livelli per una stagione ma poi ecco i problemi legati alla depressione e all’abuso di alcool, come da lui stesso ammesso. Feste, festini, birra. Il classico bevo per dimenticare. Ma questo fa sì che tutti si dimentichino di lui: prima Mancini, poi Mourinho, che ha vinto tutto ma non la sfida per il recupero del brasiliano. Allenamenti saltati, nottate brave, presenze in campo poche. Alla Pinetina è stato ospite fisso del lettino della fisioterapia, non per curarsi, anche, ma soprattutto per dormire. Non ce la faceva ad allenarsi, troppo spossato. Nel 2006-07 segna appena 5 gol, l’anno successivo uno in 4 presenze. A gennaio torna una prima volta in Brasile, al San Paolo, dove segna 11 reti in 19 gare. Sembra rinato ma è solo un’impressione. I problemi ricominciano con Mourinho e si protraggono sino ad aprile 2009 quando con il club nerazzurro rescinde consensualmente il contratto. Dopo nemmeno 20 giorni, il centravanti firma con il Flamengo, qui la rinascita definitiva. Certo, qualche notiziola particolare rimbalzava da Rio: festini, i soliti, le botte scambiate con la sua fidanzata, l’accusa di aver comprato una moto per conto di un trafficante di droga. Al Flamengo vince lo scudetto, maglia numero 10 alla Zico. Ora ha la Roma ma ha perso il mondiale sudafricano. Sperando che questo non lo rimandi in depressione. Una scommessa, che tutti vogliono vincere. Ma la garanzia non la può dare nessuno. Sennò non sarebbero scommesse.