La penna degli Altri 16/04/2010 12:57

Piovani: "La Roma ha gioco da artista"


Quest’anno ha imparato ad amare Ranieri che lo ha conquistato partita dopo partita, si è convinto che la à ed i tifosi sono di nuovo maturi per affrontare situazioni di vertice, ha sempre consigliato l’ironia ed il disincanto anche davanti agli ostacoli più difficili.


A chi, alla vigilia della sfida con l’Inter, gli aveva chiesto quale sarebbe stata la colonna sonora adatta per accompagnare la squadra, aveva risposto convinto: «La marcetta allegra del Marchese del Grillo».

Noi lo abbiamo sentito sul derby. Sui suoi valori, su quello che potrebbe significare. E il maestro Piovani ha risposto con spirito leggero, ma non per questo ha evitato di entrare a fondo sul tema.

Come e quando nasce il suo tifo per la squa­dra della Roma? « Nasce quando ero bambino, al quartiere Trionfale. Noi di via Sebastiano Veniero scri­vevamo sui muri “Forza Roma”, e facevamo a sassate coi laziali di via Tunisi. Ma non avevo mai visto una partita».

Da ragazzo si divertiva a giocare a pallone? «Poco, giocavo qualche volta per la strada».

Quali sono i suoi primi ricordi legati alla Ro­ma? « Quando ho cominciato ad andare allo stadio, gra­zie all'istigazione di Vin­cenzo Cerami, e ho visto giocare Falcao e Bruno Conti».

Quale è il ricordo più forte che ha di un derby? « L'ultimo, con l'inaspet­tato gol di Cassetti».

C'è stato un giocatore, di qualsiasi epoca, che le ha regalato più emozioni degli altri e perché? «, e non lo dico da tifoso: per l'intelligenza tattica coniugata con i piedi da ar­tista ».

Quali sono i giocatori che, nel tempo, le sono piaciuti o le piacciono di più? «Rispondo al volo: Platini, Baggio, Balbo, ov­viamente Maradona... e poi Vucinic, Pizarro, Juan...».

Della Roma di oggi cosa le piace più di tutto? «Mi piace il bel gioco: al contrario di quel che si pensa, il bel gioco non è un balletto astratto, è quello che attraverso la creatività degli sche­mi e l'arte dei singoli fa risultato. Il ha un gran bel gioco. E da un po' di anni ce l'ha anche la Roma».

Domenica sarà in tribu­na allo Stadio Olimpico? Nel caso così non fosse, dove vedrà il derby e con chi lo vedrà? « Non potrò andare allo stadio. La vedrò, impegni di lavoro permettendo, nel surrogato televisivo, insie­me al solito gruppetto di amici. Con tanto di scaramanzie rituali».

Quella che prova per la Roma, è una simpa­tia o una passione? «'Passione' è un parolone: nello sport, il gio­co del calcio è per me il più avvincente. Ma, ap­punto, deve essere giocoso e sportivo. Non mi attraggono le drammatizzazioni fuori luogo che si fanno intorno a una partita: in genere, appe­na finita la partita spengo li televisore. Il tifo è bello perché aiuta a godersi una bella partita».

Ha un pronostico da regalarci per il derby? «Sì, ma non glielo dico».

E un pronostico per chi alla fine vincerà lo scudetto? «Idem».

Perché il derby di Roma è sentito più degli al­tri?« Perché esistono la La­zio e i laziali».

Per coinvolgimenti emo­tivi, passioni, rivalità, sto­rie, il derby potrebbe co­stituire lo spunto ideale per un grande film. Per­ché non è mai stato fatto? « Perché nessun grande regista, scrittore, produt­tore ha mai avuto un’idea convincente».

Gli scudetti del 1983 e quello del 2001 che sensazioni le hanno dato? «Quello del 1983 fu una bella festa. Ma quel­lo del 2001 l'ho condiviso con i due figli che nel frattempo sono nati: tutta un'altra cosa. Tornammo insieme dallo stadio, suonando il clackson».

Tra le canzoni dedicate alla Roma ce n'è una che le piace più delle altre? «Gli inni non vanno giudicati per la loro bel­lezza stilistica, ma per il senso di espressività collettiva che si guadagnano sul campo: Grazie Roma, con le sue ingenuità retoriche, funziona benissimo».

Le è mai venuto in mente di scriverne una? «No, perché c'è già quella di Venditti».

Domenica, chi sarà il giocatore decisivo? «Forse Pizarro».