La penna degli Altri 12/04/2010 10:59

Il fotogramma

Hai bisogno di punti di riferimento, allora, di ritrovare i gesti consueti e i visi amici, quando sai che ti stai giocando il destino: ecco perché in ogni angolo ora smeraldo ora bottiglia, c’è John Arne Riise che ti pugnala il campo visivo, che te lo squarcia in scivolata, che te lo puntella con un cross da novantunesimo minuto, come se a quelli nati sotto il Polo Nord l’acido lattico gli si fosse congelato da neonati. Allora ti senti quasi di spellarti le mani persino quando la sua veemenza recapita un pallone sfortunato tra i piedi di Tiribocchi: l’orologio dice minuto cinquantatre, cinquantaquattro gli anni di vita che tu in quel momento lasci sulla zolla dell’errore, anche se a sbagliare non è Riise ma il pallone, sia chiaro. Ventisei minuti dopo, anche se la lancetta sembra murata sempre allo stesso punto, ritrovi lo stesso solco puntellato di lentiggini, la medesima scia che la zazzera arancione lascia dietro di sé quando Riise decide di squarciare le speranze di chi ancora crede, come il povero Ferreira Pinto, che stava per l’ennesima volta ripartendo sotto la Tevere. Sul viale Dei Gladiatori, proprio lì tra Lungotevere e il centro di Alesund, fai un’ultima riflessione: una volta si diceva che per ogni comitiva ci deve essere almeno un “roscio”; beh, a noi allora c’è andata proprio bene.