La penna degli Altri 23/04/2010 13:20
Del Neri: "La mia Samp anti-grandi. Nemmeno la Roma ci fa paura"
Del Neri, come ci si sente dopo aver battuto davanti al proprio pubblico Inter, Juve e Milan?
«Mettiamoci anche il Genoa, dato che il derby a Genova è una questione vitale. Mi sento soddisfatto, ma non appagato. Perché ormai non credere nell´obiettivo è impossibile, siamo quarti e vogliamo la Champions. Faremo di tutto per conquistarla».
Ma come si fa ad essere così spietati con le grandi?
«Bisogna essere perfetti, noi lo siamo stati, e sperare che l´avversario non lo sia. Una vittoria però può essere un caso, quattro no. L´Inter non ci ha fatto gol né all´andata, né al ritorno. Credo che siamo l´unica squadra in Europa, neanche il Barcellona».
A proposito di Barça. Con i catalani e il Montpellier, siete la squadra che ha subito meno gol in casa in Europa, 10 in tutto.
«Due considerazioni. Primo: stiamo sfruttando alla grande una perfetta sintonia con il nostro pubblico. Crede in ciò che facciamo, una spinta enorme. L´ideale sarebbe essere così anche in trasferta. Non sempre ci riusciamo, anche se cinque vittorie non sono poche. Secondo: abbiamo imparato a prendere pochi gol, è la causa principale della nostra classifica».
Il segreto?
«Tutti dicevano che i nostri difensori erano scarsi, ma sono diventati un gruppo formidabile. Pochi concetti: noi lavoriamo sulla palla, sul pensiero e marcando sempre la nostra area di rigore, mai la bandierina del corner. Per essere un bunker, ci vuole un´organizzazione perfetta. Ora la possediamo. Non puntiamo sugli avversari, ma su noi stessi. Mai, per esempio, avremo paura a fare la tattica del fuorigioco».
Da arbitro dello scudetto come si sente?
«La Samp è arbitra solo del proprio destino. Gli altri non ci interessano. Noi proveremo a vincere all´Olimpico per finire quarti, non per fare un favore all´Inter».
Però se nemmeno lei ferma la Roma, il campionato è finito.
«È un´impresa difficile, conosco bene il gioco dei giallorossi, ma chi pensa che abbiamo paura, è fuori strada. Dovremo essere più bravi di loro, esaltare le nostre qualità».
E da ex con il dente avvelenato come si sente?
«Io non sono mai un ex, definizione che non mi piace. Avvelenato per cosa? Per averli salvati? Quando sono andato via, erano sesti. Se non avessero vinto all´ultima giornata, sarebbero andati in B. E poi non mi hanno cacciato, mi sono dimesso, anche se forse è la stessa cosa. Perché quando te ne vai, significa che le cose non vanno bene».
Già, il divorzio. Ha il contratto in scadenza, perché non ha ancora rinnovato?
«Ci siamo visti, la firma potrebbe essere anche vicina, con la società mi sento in sintonia. Però ci vuole chiarezza in tutto. Si firma e poi si annuncia».
Si riferisce al caso Cassano? Non sono state settimane facili.
«Su Cassano avevo ragione io. È un bomber, deve giocare vicino all´area, in 6 partite ha segnato 5 gol. Ma la cosa più importante è un´altra: ora è dentro la squadra. Prima era uno dei problemi, non l´unico, e ho dovuto prendere una decisione impopolare. Problema tattici, sia chiaro, perché solo un folle può discutere Cassano sul piano tecnico. Lui si è sentito buttato fuori dal gioco, ci è rimasto male, ma poi ha capito. Ora è un valore aggiunto».
Magari grazie a lei torna in nazionale.
«Non lo so. Di sicuro, alla parola fuoriclasse, può aggiungere decisivo. La ricetta nel calcio è semplice: non esiste la parola io, ma noi. Tanti numeri zero hanno portato il mio Chievo nel mondo. Per vincere devi essere squadra. Se poi hai dei numeri uno come Cassano, Pazzini e Palombo è più facile. Ma valori in più, non zavorre».