La penna degli Altri 19/03/2010 09:42

Suonava "Forza Roma" e Ago portava il vessillo

1983. In cartellone un Roma-Avellino che vale oro. Il giornalista Giampiero Galeazzi della Domenica Sportiva si avvicinò ad Agostino Di Bartolomei per intervistarlo: « il traguardo è vicino arriverà la nave in porto?». Ago replicò da par suo: «In porto arriverà senz’altro, bisognerà arrivarci con il vessillo». Rispose alzando la voce perché in sottofondo l’altoparlante dell’Olimpico irradiava con forza le note di Forza Roma, forza Lupi: «Noi c’avemo er core grosso mezzo giallo e mezzo rosso...». Tutta Italia quel giorno vide la serenità del capitano della Roma e l’entusiasmo ormai incontenibile di un intero stadio che cantava a squarcia gola l’inno composto da Lando Fiorini.

Era nato, quel brano, di ritorno da una trasferta a Ipswich alla fine di settembre del 1982. Tra uno stornello e un coro, Lando la compose di getto. Avrebbe dovuto intitolarsi "Amore giallo-rosso", ma quel motivo impunito e trascinante aveva uno spirito stradarolo e finì per imporsi il nome rapendolo al ritornello, trascinante, impossibile da ignorare: Forza Roma, per l’appunto e chi non canta è della Lazio. Quell’1 maggio 1983, mi accorsi che il brano di Lando Fiorini, che si avviava fra l’altro a divenire l’inno dello scudetto, era entrato

anche nel mio cuore. Avevo fatto l’imbronciato, fino a quel momento avendo sofferto e molto l’avvicendamento con Roma Roma Roma.

Pubblicato nel dicembre del 1974, e presentato alla presenza di Liedholm, Cordova e del presidente Anzalone, Roma Roma Roma, nasceva da una strepitosa collaborazione tra Gepy e Antonello Venditti. Debuttò allo Stadio Olimpico in occasione di Roma– del 15 dicembre 1974. Gli inservienti addetti all’impianto fonico la irradiarono subito dopo il gol di Penzo. La gente rimase folgorata (la Figc un pochino meno, visto che multò la Roma per responsabilità oggettiva, sostenendo che il brano aveva interrotto lo svolgimento del match) Roma Roma Roma era un inno che prescindeva dalle vittorie e dalle sconfitte, una potente dichiarazione d’amore, di appartenenza a prescindere da tutto e da tutti. Quel “lassace cantà” intonato da Venditti era quasi un’invocazione laica, un sussulto generoso e spontaneo.

Neanche la meravigliosa Grazie Roma e la bellissima Che c’è, conservano la carica emozionale di Roma Roma Roma. Grazie Roma, dal suo canto, più che un inno è un brano universale, sullo stesso piano di Arrivederci Roma, racconta la à Eterna nel mondo. Venditti l’ha intonata a San Siro e Grazie Roma è stata cantata senza risparmio da un pubblico che certamente non era nella sua maggioranza di fede giallo-rossa, proprio per la sua capacità di abbattere le barriere: «Dimmi cos’è che ci fa sentire uniti anche se non

ci conosciamo … dimmi cos’è»
. Era il maggio del 1983 e l’intero mondo si era tinto di giallo-rosso, Venditti, palando di questo suo gioiello ha detto: «Grazie Roma la considero una canzone dalla costruzione perfetta, perché c’è una grande simbiosi tra la à, la squadra e il linguaggio. E’ divisa in tre parti. Tu la puoi leggere

solamente come Roma, nel senso della squadra di calcio, la puoi leggere come à e poi c’è una versione


nazionale perché la prima parte è cantata in italiano, e nella seconda invece è come se io mi riprendessi

il mio tesoro e la cantassi solo per i romani»
. Osservazioni che mi sembrano estendibili anche a Che c’è, brano eseguito per la prima volta dal vivo nello storico concerto del 24 giugno 2001. Anche qui, il segreto della magia profonda di questa canzone-inno, sembra annidarsi nella capacità di mettere a fuoco un sentimento di condivisione. 

Ritrovarsi assieme “ancora un’altra volta”, oltre i problemi, la vita che scorre, le preoccupazioni, per esultare insieme all’ombra di un amore comune. A ben pensare è lo stesso segreto del primo inno della Roma, quella Canzone di Testaccio, del 1931, che la Curva intona ancora oggi. Al di là di “Masetti primo , “der gran Furvio Bernardini che dà scola all’argentini” e degli altri eroi di Testaccio, il vero, autentico, protagonista è il

tifoso, quello “con la bandieretta in mano” che “stilla forza Roma a tutto spiano perché c’ha er core

romano”
e strillando “Forza Roma” eccoci tornati a Lando Fiorini con una chiusura perfetta del cerchio. Gli inni della Roma sfidano il tempo e rimangono perché sorretti da melodie immortali ed anche perché i sentimenti della gente non cambiano, i sentimenti cantati continuano ad essere autentici, a raccontare un mondo.