La penna degli Altri 05/03/2010 09:01
De Rossi supera Ferraris IV. Così uguali e così diversi

Per Daniele, dopo il debutto a Como, il bis arriva allo stadio Granillo di Reggio Calabria. E il 3 maggio del 2003 e i tifosi della Reggina presentano una coreografia con le iniziali della città, un cuore con i loro colori e la scritta Questi colori noi alziamo perché ti amiamo. Lo striscione sembra il manifesto filosofico della vita di De Rossi, che Capello al 10 della ripresa spedisce in campo quando la Roma è sotto di una rete. Tredici minuti dopo, il tabellone recita: RegginaRoma 1-3. Negli spogliatoi Aldair dichiarerà: «De Rossi è pronto per fare il titolare».
Neanche affacciato alla ribalta dunque, e già sicurezza, già veterano, già punto di riferimento, a neanche 20 anni. De Rossi è il fiume che segue il corso, lirruenza disciplinata, il martello che arriva a segno e quando batte a vuoto ha fretta di riprendere. De Rossi è una cascata di talento, la cui preziosa acqua arriva a dissetare, senza sprechi. I tifosi gli vogliono bene anche per questo. Volto pagina e con Attilio atterro in un altro mondo. Recuperare i dati è unavventura, ma gli indizi sembrano confermare che la seconda gara in prima squadra di Attilio ci fu nel Campionato Laziale FIGC del 1920/21, il 20 dicembre 1920. Il match era FortitudoPro Roma, due nomi che ritroveremo 7 anni dopo accomunati nella fusione che darà vita allAS Roma. Attilio viene convocato solo come riserva. Sansoni I, terzino titolare, fa anche limpiegato di banca e ha avvertito i dirigenti della Fortitudo che forse quel giorno non riuscirà a liberarsi: «Per sicurezza chiamate il ragazzino».
E il ragazzino, poco più che sedicenne si presenta. Il tecnico Arzilla, nello spedirlo in campo gli dice di: «Non scalmanarsi e di non strafare». Attilio non viene impiegato centro sostegno, il suo ruolo naturale, ma terzino, in sostituzione di Sansoni. Però, nonostante le raccomandazioni, non riesce a contenersi, si perde per tutto il campo, tanto che lindomani un giornale romano, forse per riprenderlo bonariamente scriverà. «Quel ragazzetto ha la stoffa del centravanti». Attilio Ferraris è il fiume che non segue il corso, lirruenza indisciplinata, il martello
che potrebbe devastare ma a quando batte a vuoto si ferma a sorriderne. Ferraris è una cascata di talento, la cui preziosa acqua inonda senza guardare, si perde nel deserto e torna a zampillare disseta e spreca, senza risparmio. I tifosi gli hanno voluto bene anche per questo. Torno correndo a Daniele De Rossi, la bandiera che garrisce al vento consapevole di se stessa. Ha sposato la Roma facendo della sua fedeltà un dogma irrinunciabile, della maglia un simbolo noto ad amici ed avversari, del soprannome di Capitan Futuro un traguardo da raggiungere (Il più tardi possibile perché spero che Francesco giochi per sempre. E lui il simbolo numero uno della storia giallo-rossa).
Daniele De Rossi non ha pudori nel mostrare i suoi sentimenti, nellesultanza come nel dolore, sa che le sue emozioni non lo rendono debole agli occhi del tifoso ma ne esaltano la passionalità, rendono spontanea lidentificazione tra lui e la gente. De Rossi non si è mosso dalla Roma, i romanisti lo sentono uno di loro per questo. Attilio Ferraris, viceversa, è un uomo dinizio 900, a cui hanno insegnato a non piangere, che nei vicoli di Borgo ha imparato a mascherare i sentimenti dietro una battuta, i dolori dietro un sorriso e le gioie dietro una scrollata di spalle. Arrivato alla Roma, Bernardini volle fargli capire di essere felice per se stesso e per la squadra, fa il grande gesto di rinunciare alla fascia di capitano, ma lo nasconde a modo suo: tu sei er mejo, er capitano fallo tu, che a me me rompe pure li cojoni. Attilio lasciò la Roma
addirittura per la Lazio, scrissero per soldi. Non era vero, gli venne rivolta unaccusa infame, lui reagì come un tornado, sbattendo la porta. Era ferito ma tenne tutto dentro e si spostò alla Lazio, che per lui non ha mai significato nulla. Anche durante gli anni passati in bianco-celeste, quando poteva correva a Testaccio a vedere la sua Roma. E sul viale del tramonto alla Roma volle tornare
si scrisse ancora per soldi e lui tenne tutto dentro e lasciò scrivere, ma era tornato per molto di più, era tornato per Testaccio e per quella folla che urlava il suo nome Attilio Attilio.
Ferraris IV è andato via dalla Roma e alla Roma è tornato come un fiume torna al mare, i romanisti lo hanno sentito come uno di loro per questo. A conti fatti dunque, De Rossi supera Ferraris IV, ma per me continuano a camminare a fianco, riflessi diversi di un unico arcobaleno e non importa se si sceglie un raggio o laltro, una volta insieme i due colori saranno per sempre il giallo e il rosso.