La penna degli Altri 19/02/2010 09:14

Vucinic, una delizia insostituibile

settimana aveva dovuto fare i conti con la febbre. Immaginate cosa avrebbe combinato, altrimenti. Mirko Vucinic è una delle (poche) note liete di una serata da buttare. Il 3- 2 di Atene, il Panathinaikos che ci agguanta e poi ci dribbla in sei minuti - roba che solo a Cagliari erano stati più lesti: due gol in centoventi secondi - cancella la scalata alla vetta dei risultati utili e costringerà la Roma, tra sei giorni, a dare il diecimila per cento. O vinci o sei fuori. Punto.



Fa rabbia. Perché la trasferta in Grecia si era messa così bene da fantasticare su un passaggio del turno tra due guanciali. Il Panathinaikos? Scarso, scarso, scarso. O almeno così pareva. Colpa di una bellissima illusione, di una delicatezza alla Platini, di una prodezza alla Maradona. Anzi, meglio ancora stavolta: colpa

di una parabola alla Savicevic. Quasi sedici anni dopo, stesso stadio, versante opposto, non  è più -Milan, non è Coppa Campioni. Ma quando tu sfiori la lampada, il Genio che accarezza la sfera è sempre montenegrino. È il 28’ del primo tempo quando il lavoro oscuro di Baptista consegna una palla invitante al di Vucinic. Mirko la addomestica, la coccola per un paio di secondi e poi disegna una


traiettoria assurda all’incrocio dei pali. Imparabile.



Impossibile. Quell’anagramma di un che è Tzorvas nemmeno prova a deviarne il corso. È gol. Anzi: è gooooooool. Gli zigomi stravolti, il volto semi-allucinato, gli occhi iniettati di adrenalina, Vucinic corre lontano,


poi crolla su se stesso e la Roma lo travolge. È l’ottavo gol stagionale, il terzo in Europa League dopo quelli con Gent e Basilea. È un meraviglioso gingillo che non vale la vittoria. Non è una rete pesante. Ma aiuta, questo sì. Aiuta la Roma, contribuendo a migliorare l’autostima di un campione troppo spesso

messo in discussione. Anche ieri, Vucinic è stato prezioso a tutto tondo. Quella razza di supergol, ok. Non solo, però. Il velo con cui nel secondo tempo permette a Motta di andare in porta è classe cristallina. Di più: è un modello di contropiede da insegnare a scuola calcio. Traspare dal campo, si sente: quando al 25’ della

ripresa lo chiama fuori per un inguardabile Menez, Ranieri è quasi costretto. Il Genio torna a malincuore nella lampada. Ci resterà fino a domenica, perché con il Catania servirà un’altra carezza. Ormai, è lui l’unico vero insostituibile di questa Roma. Sbadata, ma sempre  magica. Anzi, geniale.