La penna degli Altri 01/02/2010 08:36

Ridategli la maglia

Il paradiso è di tutti, specie per i ricchi di coraggio e di buona volontà. E allora ecco, in cima al match incasinato da troppe assenze, troppi errori, troppa sfiga, il cross del carneade romeno che viene dalla terra di Dracula, il tacco vincente del ragazzone nero nato a Castiglione del Lago e cresciuto accanto a , il crollo di quel Curci che per un pomeriggio aveva deciso di farsi maledire ancora di più di quando parava per la Roma. Finale da film per il nuovo 2-1 sul Siena, risultato identico a quello maturato a metà ettembre, nella giornata di esordio di Claudio Ranieri in panchina. Per qualche verso, forse, persino più importante. Quello, certo, portò ai giallorossi i primi tre punti di un campionato partito malissimo, avviò una lunga serie di piacevolissime rimonte, fece sognare in una ripresa allora peraltro nemmeno ipotizzabile.

Ma il 2-1 imposto ieri alla squadra passata nel frattempo da Giampaolo a Malesani, e da Lombardo Stronati a Massimo Mezzaroma, vale addirittura il secondo posto, sia pure in condominio con il Milan. E vale l’ulteriore allungo su e Palermo, usciti malconci dal weekend. E materializza il 17° risultato utile consecutivo, e la sesta vittoria di fila tra campionato e coppa Italia. E conferma, in assoluto, il perfetto equilibrio raggiunto da una ciurma che oggi pare in grado di ritrovarsi ad occhi chiusi, in qualsiasi situazione, contro qualsiasi avversario, nei giorni di vacche grasse come in quelli di piena emergenza.Pare non fermarsi più la giostra di Ranieri, ormai così padrone del camp da spremere letteralmente il vino dalle rape, rovesciando le singole forze a disposizione come il destino complessivo di un gruppo che pochi mesi fa pareva davvero al capolinea, sfruttando la minima risorsa a disposizione manco si trattasse di un vero tesoro.

Sotto con Pit e Okaka, allora, nella domenica del doppio doloroso forfait di e Vucinic, con Toni inchiodato in panchina dai guai al polpaccio e Menez chissà dove per i guai di una capa bacata. Niente punte? Ranieri ha provato a trasformare il problema in realtà tecnica: fuori, al primo fischio di Baracani, l’unico attaccante di ruolo disponibile in rosa, l’Okaka Chuka con le valigie già pronte per Londra, e dentro cinque centrocampisti più Baptista, che punta punta non è, ammesso che lui per primo sia in grado di definirsi. Faceva conto sulla forma dei mediani, l’imperatore Claudio, in generale dei molti protagonisti pazientemente rigenerati in queste settimane: sulla strepitosa condizione di Pizarro, sui progressi di già decisivo in sett mana contro il Catania, sulla corsa ritrovata da Taddei, sulla spinta esterna di Motta e Riise, sugli inserimenti dei centrali Burdisso e Juan (con loro in coppia, mai una sconfitta), sulla velocità di Perrotta e Brighi, sulla resurrezione della presunta Bestia da tempo reincarnatasi in tenero abbacchio. Gli ultimi tre lo hanno in qualche modo tradito, sia pure per ragioni diametralmente opposte.

Perrotta, impreciso come mai da due mesi a questa parte, non ha mai trovato il tempo giusto per buttarsi in mezzo; Brighi se possibile è andato peggio, costringendo Ranieri a cercare altri sbocchi nella vivacità di Cerci; Baptista non ne ha azzeccata una da prima punta, è partito un po’ meglio quando ha trovato un riferimento in Okaka, senza peraltro arrivare mai a destinazione. Ma, persino più degli errori dei singoli (e di alcune evidenti inadeguatezze), a complicare il pomeriggio romanista ha provveduto soprattutto il Siena di Malesani, ennesimo esempio di squadra che riesce a trovare un’identità quando i giochi o mai si sono tristemente compiuti. Con qualche interprete più che decoroso (Vergassola, Jajalo, Maccarone, Ekdal) e qualcuno addirittura inatteso (Curci, su tutti), disseminando sul campo un 4-3- 3 assai teorico, e in realtà abbottonatissimo, i toscani hanno eretto un bel muro davanti alla Roma, spingendola quasi a soffocare nella tonnara. I giallorossi ne erano venuti fuori passando col roscio, come sul campo della : un incanto, il mancino a giro con il quale il nuovo idolo John Arne ha infilato la porta senese dopo poco meno di mezzora.

Ma poi erano tornati a sprofondarci dentro, vittime di una grave distrazione collettiva, l’1-1 di Vergassola, figlio di troppe disattenzioni, e della successiva frenesia che li ha via via attanagliati nella rincorsa a un sorpasso negato da Curci – formidabile due volte su Burdisso, una su Taddei – e da troppi errori sotto misura. Pareva una maledizione, mentre da Milano rimbalzava la notizia dell’impresa di Cosmi, guarda caso l’unico capace negli ultimi tre mesi a uscire all’Olimpico con i punti in tasca. Ma poi Ranieri ha trovato la soluzione giusta nel suo straordinario intuito e in quella indispensabile qualità soprannaturale che da sempre accompagna gli uomini di successo, nel calcio come nella vita. Dentro Okaka per Brighi, poi addirittura Pit per Taddei. Altro giro, altro capolavoro compiuto sul filo di lana. E chiuso tra brindisi e nuove promesse: “Io c.t. della nazionale? Io oggi sono il c.t. della Roma. Mi sento profondamente calato in questo progetto”. Che resta, risorse finanziarie del club alla mano, quello di una lunga navigazione a vista. Ma con uno skipper così non mette paura nemmeno l’America’s Cup.