La penna degli Altri 09/02/2010 10:48
Quando la fortuna aiuta i tenaci
![](https://m.laroma24.it/IMG/AS ROMA/PARTITE/FIORENTINA-ROMA 09 10/BIG-vucinic fiorentina gol 7_2_10.jpg)
Il rischio cera, non in astratto. Lo abbiamo visto concreto e tosto il rischio di perdere, lo abbiamo avuto negli occhi e sul groppone per ottanta minuti. Gran Julio Sergio, ottima difesa in tutti e quattro là dietro, ma soprattutto giocava alla grande la Fiorentina. Meglio di noi che eravamo grandi dietro, sufficienti in mezzo al campo e quasi nulli in attacco. Giocavamo con il rischio sul collo e tutti a un certo punto avremmo firmato per il pareggio. Tutti, anche quelli che poi giureranno in buona fede di non averlo mai fatto. Diciamo che in buona fede se ne sono dimenticati.
Il pareggio era ottimo risultato in una giornata di campionato ancora una volta buona per noi. Il Milan prendeva solo un punto a Bologna, trasferta per loro più facile in teoria di quanto Firenze non fosse per noi. Se loro non lucravano niente da una giornata così, era per loro e non per noi unoccasione persa. Il Napoli perdeva ad Udine: ciao, ciao Napoli. Poichè preoccuparsi del Palermo della Sampdoria proprio non è il caso, era un turno tutto guadagnato per noi. E la Juventus? Ancora la Juventus..? Bisogna piegare un po il collo verso il basso per trovarla con gli occhi in classifica, rimedia un punto a Livorno: sembra incredibile ma la Juve non ci riguarda più.
Ottimo risultato in buona giornata che stavamo ottenendo con grande sforzo. Non che la Roma giocasse male, ma si era come un po rimpicciolita di fronte alla voglia della Fiorentina di vincere. Loro in qualche modo sapevano di giocarsi una delle ultime partite utili per restare almeno nella nostra scia. Noi giocavamo capendo, e anche subendo, questa loro organizzata frenesia.
Poi... la fortuna che aiuta i tenaci. Tenaci, più che audaci come vuole il proverbio. Tanto audaci infatti non eravamo stati in campo. Quindici, venti metri indietro più del dovuto e del salutare quel che si chiama il baricentro della squadra. Ridotti della metà almeno rispetto al consueto gli scambi palla a terra. Laudacia di vincere non lavevamo, non si vedeva. Però eravamo tenaci nella voglia matta e dura di non perdere. Stavamo pareggiando a fatica ma non per caso: le marcature erano strette e moltiplicate, le entrate erano decise e convinte. La squadra mostrava di aver capito e assimilato come si cuoce largilla di un pareggio e se ne fa un mattone di un muro di punti, come si prende e si pialla il legno ruvido di un punto in classifica e se ne fa un gradino della scala che porta sul podio finale. Squadra che si faceva piccola sì, sotto la tempesta viola, ma si faceva piccola come un bunker di determinazione e tenacia. Poteva bastare, ma la fortuna aiuta, anzi premia i tenaci.
E lo faceva nella maniera più plateale, evidente e smaccata. Vucinic che si era mangiato un gol che nessun racconto può raccontare quanto fosse facile e dovuto, quel Vucinic lì, sì proprio quello veniva scelto dalla Grande Madre di tutti i palloni per segnare il gol, il gol quando mancavano dieci minuti alla fine. Il gol che la stessa Grande Madre aveva negato per tre, quattro, cinque volte alla Fiorentina dicendole che la Roma di oggi
è benedetta dagli dei per meriti dei suoi giocatori e irrevocabile decisione della Suprema Corte della Palla Tonda, quella che ha scelto Ranieri e i suoi come cavalieri della Camelot del campionato 2009/2010.
Adesso siamo secondi davvero e di più non si può essere. In settimana su queste colonne si è scherzosamente discusso e discettato su quali forme di piacere possa indurre tifare per questa squadra ormai non più solo risorta ma già assunta in cielo. Ci siamo esercitati in parecchi nel mestiere di peroratori
della beatificazione della Roma che vince spesso e mai perde più. Cè chi ha detto che il sexy appeal calcistico della Roma induce a sia pur metaforici piaceri solitari. Ricordo una filastrocca di quando, tantissimo tempo fa, andavo a scuola. Diceva: Lo disse Socrate, lo confermò Santippe
. E poi la filastrocca proseguiva rispettando lobbligo di rima e ammonendo che cè qualcosa di centomila volte meglio di centomila piaceri e godimenti fai da te. Ecco, dopo la vittoria di Firenze a quel qualcosa centomila volte meglio non ci siamo ancora. Però i preliminari sono avviati, i vestiti stanno serenamente volando via, le menti e le mani lavorano già in coppia, i corpi si stanno già naturalmente e gioiosamente esplorando e toccando. Non cè bisogno di sognare o immaginare, a maggio si fa lamore. E non è più una promessa, è un appuntamento.