La penna degli Altri 11/01/2010 09:18

Tutti pazzi per Toni

Sì, si può scrivere e raccontare di un evidente e vissuto “all’inferno e ritorno”. Ma non si può sapere se è stato vero inferno e vero ritorno, perché, per quale motivo fondato o solo per caso ci è stata prima inflitta pena e poi concessa calcistica grazia. Quindi resto su un terreno più lieve di quello dei giudizi, sentenze e certezze. Resto alle impressioni. La prima, quella con cui ci eravamo lasciati prima di Cagliari: Toni non è assolutamente un giocatore “vecchio”. E’ integro, in salute, di testa e di gambe. Contro il Chievo lo ha fatto vedere, questione chiusa, Toni c’è. Per nulla vecchio ma di certo “antico”, confermo anche questo, confermato nella mia “impressione” dalla prima buona partita di Toni.  Fisico, “sportellate” con i difensori, “spizzate” di testa, boa e respingente più o meno al centro dell’aria avversaria. Un modo, un saper giocare “antico”, che a Roma appare nuovo perché nella Roma non c’era da tanto tempo. Antico non è elogio od offesa, antico significa insieme robusto e immobile, collaudato e ripetitivo, esperto e refrattario al nuovo.



Ed ecco che mi arriva, bussa, si affaccia in mente la seconda “impressione”. Sto parlando di Toni o di Ranieri? Anche l’allenatore è tutt’altro che “vecchio”, cioè obsoleto, cioè fuori corso e misura. Certo però che “antico” lo è, con scienza e coscienza. Da come allestisce la formazione che manda in campo, da come gestisce lo spogliatoio e la conferenza stampa, da come fa giocare e tratta e giudica i giocatori, Ranieri è e si mostra uno di quegli antichi e classici allenatori italiani che di calciatori in squadra che “diano del tu alla palla” prega dio di averne quattro/cinque ma teme come il demonio di averne nove o dieci, non sia mai dodici o tredici. Solo una rispettabile quanto tradizionale cultura calcistica di questo tipo può far dire a Ranieri che la sua squadra, cioè la nostra Roma, la partita di Cagliari “l’aveva dominata”.

Altra cultura calcistica, altrettanto legittima avrebbe visto, pensato e dichiarato che la Roma a Cagliari la partita l’aveva “felicemente subita”, almeno fino al caos impanicato degli ultimi minuti. “L’antico” in Ranieri si vede anche da come distribuisce carezze e rampogne, bastone e carota ai giocatori. La sua “geografia” è classica, non prevede territori inesplorati né esplorazioni in nuovi territori. L’esotico e il lussureggiante lo mettono in sospetto, le linee profonde del campo già arato lo mettono di buon umore. Insomma Cassetti gli piace più di Menez. Non è un fatto personale e neanche dipende più di tanto dalle prestazioni dell’uno o dell’altro in una partita o nell’altra. Abbiamo detto Cassetti e Menez non in quanto singoli in carne e ossa ma come “ideal-tipo” di giocatori. Su questo piano Ranieri non fa mistero di quale sia la cultura calcistica. Niente a che vedere, anzi gli antipodi della “generazione Guardiola” oppure Leonardo.

E non è questione di anagrafe. Quelli si fanno una religione, un precetto e una goduria di obbligare tutti gli undici alla palla a terra, allo scambio corto e fino. Si  imbottiscono, talvolta fino a scoppiare, di quello che i cronisti sportivi chiamano “talento e creatività”. Non lo fanno per “gioventù”. Lo fanno perché “pensano” il calcio in maniera diversa, non necessariamente migliore, da come lo pensa Ranieri. Maniera più bella a vedersi, ma non necessariamente più vincente. Se il vince di più della Roma è perché non comparabili sono le “rose” di cui dispongono le due squadre. Ma, sono pronto a scommettere, il “suo” Ranieri lo farebbe giocare altrimenti da come fa Guardiola e, anche se non lo confesserebbe mai, con quella concentrazione e composizione di “ideal-tipo” di giocatori a disposizione, Ranieri soffrirebbe una sorta di “vertigine da rosa”. Ranieri “l’antico” coerentemente, giustamente si sta facendo la “sua” Roma.

Fa bene a fare così, fa quel che sa fare e raccoglie, raccoglierà frutti. Penso, guardo a Ranieri e mi viene in mente un vecchio, saggio proverbio, quello secondo cui “gallina vecchia fa buon brodo”. Ecco, adattiamo: “allenatore antico fa buon brodo”. Buono, di sostanza in classifica. Caldo e nutriente delle nostre aspettative tifose. Ma gallina vecchia, se fa buon brodo, di statura e di peso non cresce più e, soprattutto, uova nuove e fresche non ne fa. Così è anche per gli allenatori tradizionali, affidabili, efficienti e antichi. Traduciamo: si va lontano. Fino a battersi con buone probabilità di farcela per il quarto posto contro la o chiunque altro si affacci a pretendere quel posto. In paradiso no però non si va: Milan e saranno seconda e terza o viceversa. Tu chiamale, se vuoi, “sensazioni”.