La penna degli Altri 03/01/2010 10:48
Toni e lampi, mancava solo il gol
anche in campo, nellamichevole che lha opposto alle sue radici. Alla festa di ieri al Flaminio è mancato il brindisi del gol, ma tutto il resto cera: lo strepitoso abbraccio di diecimila tifosi (già) innamorati, il significativo attestato del presidente della federcalcio Abete, ospite donore in tribuna ("Il suo ritorno in Italia è importante: ora lo staff azzurro potrà testarlo con maggiore continuità"), la sua voglia di rimettersi in gioco con lentusiasmo e lemozione - confessata senza remore alla fine dellamichevole con la Cisco - di un debuttante. Insomma, il primo Toni giallorosso è piaciuto. Soprattutto per la capacità di presentarsi con tutto il peso di un carisma indiscutibile, senza per questo dimenticare leducazione e lo stile. Eleganti, prima ancora che i movimenti proposti sullorrida erba del Flaminio (la ruggine cè, ma la forza è parsa intatta), sono risuonate
le sue esternazioni allesordio accanto al presidente Rosella Sensi, nel vernissage ufficiale di ieri mattina a Trigoria: "Sono dove ho sognato di essere quando ho avuto problemi in Germania: appena mi è stata offerta la possibilità di venire alla Roma ho accettato con entusiasmo"; "Ho sei mesi di tempo per dimostrare di meritare questa maglia"; "La nazionale, se verrà, sarà una conseguenza di quello che farò nella Roma: ora mi interessa solo far bene per la mia buova squadra"; "Mi metto a disposizione dellallenatore: dove, come e quanto giocare lo deciderà lui". Bella anche la descrizione del rapporto che lo lega a Totti e a De Rossi, fondamentali nella sua scelta: "Ho visto Francesco steso su un lettino. Ecco: ora cerca di prendere un po di botte anche per me, mi ha detto. Abbiamo riso e scherzato, sarà splendido ritrovarsi uno a fianco dellaltro. In azzurro? Ripeto: ora conta solo quello che faremo alla Roma. Anche con Daniele ci siamo sentiti spesso, in questi mesi: più che un compagno, per me oggi è un amico".
Bene, bravo, bis. In attesa dei gol veri (magari il primo arriva a Cagliari, con la Befana), Luca ha subito cominciato segnare in altra maniera. Entusiasmando legittimanente Rosella, convinta - se tutto andrà bene - di potersi tenere in casa il bomber a lungo invocato ben oltre questi cinque-sei mesi di prestito
("E forse lacquisto più importante della mia gestione", ha detto: quasi una promessa...). Accarezzando il cuore dei tifosi con le parole, ma anche con il pallone finalmente tra i piedi, come non gli capitava da quasi due mesi, per battersi e mostrare una vivacità atletica che probabilmente ha colpito pure quanti
- una minoranza, ma ci sono - sembrano proprio faticare a considerarlo uno straordinario rinforzo.
Oddio, la Cisco non è il Barcellona e, purtroppo per noi, nemmeno il Cagliari. Ma nellora in cui Ranieri lo ha lasciato in campo Luca ha fatto vedere diverse cose interessanti. Specie per uno che non giocava una partita dal 7 novembre (Bayern-Schalke 04, e van Gaal lo schierò solo per un tempo) e che comunque, De Rossi a parte, ieri si è ritrovato in mezzo a calciatori incontrati per la prima volta a Trigoria ventiquattrore prima. Contro la squadra che tredici anni fa ne aveva accompagnato il lancio nel grande calcio, si è mosso bene, da punta centrale vera, cercando soprattutto lintesa coi nuovi compagni (bene con Menez, con il quale ha chiuso il triangolo del primo gol, e bene anche negli spiccioli consumati al fianco di Baptista, che poi sè occupato di chiudere la gara sul 3-0, con unincoraggiante doppietta); ha cercato la conclusione in tutti i modi, di testa e di piede, senza la fortuna che avrebbe meritato; ha pressato e inseguito gli avversari con evidente disponibilità al gioco di squadra. Soprattutto, come ha rilevato il soddisfatto Ranieri a fuochi spenti, ha confermato di incarnare esattamente quello che mancava alla Roma: un attaccante grande e grosso, difficile da marcare anche quando è fermo e spalle alla porta, un terminale diverso per una squadra che adesso, quando e se vorrà, potrà provare finalmente a battere strade alternative al suo Dna da tempo caratterizzato da espressioni più belle che pratiche. Forse, rivedremo presto un gol segnato di spalla, di ginocchio, con un colpo danca. Di certo, troveremo subito nuove soluzioni sul piano della forza pura, della fisicità, dei chili e dei centimetri invocati (a un certo punto, anche da Spalletti) nelle ultime stagioni. Ranieri, che ha avuto anche il merito di ripresentarci una Roma post-natalizia atleticamente tosta, di certo non sotto overdose di panettone, come capitato sotto altre gestioni, non ha chiarito se intende sfruttare il nuovo gigante tra quattro giorni a Cagliari. Toni non può avere nelle gambe i novanta minuti e la sua presenza, per bocca dello stesso tecnico, comporta inevitabilmente delle varianti tattiche che andrebbero magari testate un po di più di quanto sarà possibile tra oggi e martedì. Ma il probabile forfait di Totti (ancora grazie a quello scarpone di Paci) e lentusiasmo e la discreta condizione fisica mostrati da Luca in queste giornate di esordio potrebbero spingerlo a gettarlo subito nella mischia, fosse pure dosandone le energie come saggiamente fatto contro la Cisco, magari alternandolo a Vucinic, ieri tenuto lontano dalle buche del Flaminio, e a quel Baptista che pare lanciare nuovi segnali di ripresa. Del resto la vera garanzia per la Roma è proprio la serenità di Claudio Ranieri, la lucidità crescente mostrata in questi mesi dal tecnico ignobilmente bocciato dalla Juventus, la sua capacità di martellare e rivitalizzare un gruppo che pareva per troppi versi al capolinea. Ai margini della festa di ieri, ci è rimasto negli occhi soprattutto il cipiglio con il quale ha sottolineato un paio di svarioni della sua difesa, nel fin troppo rilassato finale di gara. Era solo unamichevole, la Roma galleggiava su un tranquillo 3-0, ma il rischio di subìre un gol, cosa mai accaduta nelle ultime cinque uscite ufficiali, è bastata a fargli serrare le mascelle. Bene così, Claudio. Era proprio di questo che avevamo bisogno - grinta, rabbia, determinazione, concretezza - per ricominciare a crescere e - perché no - anche un po a sognare.