La penna degli Altri 02/01/2010 09:34
Stella, Marta, la Coppa. Per noi è già Numero 1
Che ci sia una gran voglia di intendersi, e subito, tra Luca Toni e i tifosi - con quel che significa, ovvero tornare a ripetere quel gesto, che ricorda tanto quello di un altro grande attaccante giallorosso come Marco Delvecchio - lo rivelano le sue dichiarazioni di questi giorni. «Voglio solo la Roma» ha detto il centravanti, quando sembravano profilarsi soluzioni alternative (leggi Chelsea) al suo trasferimento nella Capitale. «Sono carico come una molla. E spero di fare sei mesi alla grande». È quello che si augurano i tifosi, sapendolo alla ricerca - già da questa estate - del suo 200/o gol in campionato. Escludendo la Nazionale, sono infatti 199 finora le reti segnate in carriera tra Italia e Germania. E cè da credere che, raggiunto al più presto il traguardo a cifra tond, lattaccante modenese non vorrà certo fermarsi. Un prestito, quello che lo legherà alla società giallorossa fino al 30 giugno, che arriva accompagnato da un entusiasmo che tradisce grandi aspettative, anche se non manca, seppure in misura minore, quel po di scetticismo, frutto per lo più del periodo di inattività da cui Toni proviene e che lo ha visto scendere in campo, in questa stagione, dopo linfortunio, solo quattro volte in campionato (con il Friburgo, lEintracht e lo Stoccarda, tutte nella seconda metà di ottobre, e con lo Schalke 04, il 7 novembre, quando fu sostituito con Robben allinizio del secondo tempo, per poi non rientrare più), un altro paio con la seconda squadra, che milita in terza serie, e due volte anche in Champions League. Poca cosa, certamente, rispetto al tabellino delle prime due stagioni in Baviera. Con i tifosi che lo avevano ribattezzato Luca Tori o anche Toni Tor, dove tor in tedesco sta per gol.
Per non parlare della canzoncina, il Luca Toni Hymn, dedicatagli dal tedesco Matze Knop, piena zeppa di stereotipi dellitaliano (dai cannelloni ai peperoni, dal Chianti al minestrone, e - quasi un segno - non manca neanche Roma Roma) e col ritornello che ripete, a mo di tormentone, Luca, sei per me Numero Uno). Un beniamino del pubblico, insomma, come lo sono stati pochi altri in terra tedesca. Con le 24 reti che gli sono valse il titolo di capocannoniere al primo anno in Bundesliga (39 in totale, tra campionato, coppa Uefa e coppa di Germania), terzo giocatore italiano nella storia capace di aggiudicarselo allestero. Con le foto che lo ritraggono, insieme alla sua Marta, allOktoberfest - lui quasi astemio, sotto una doccia di birra - con le bretelle e i pantaloni di cuoio alla zuava. Per i tedeschi una star. Con le riviste che gli hanno dedicato copertine a non finire. Meglio anche di Trapattoni, laltro italiano che dodici anni fa portò la squadra bavarese al successo. Un altro addio traumatico, tra dissapori e incomprensioni - come tra Toni e Van Gaal - e Strunz gridati in conferenza stampa.
«Arriva un campione del mondo. Mica pizza e fichi ». Basterebbero le parole di Carletto Mazzone, che lo ebbe a Brescia, dove Luca Toni faceva coppia (e gol) con Roberto Baggio, a fugare qualsiasi dubbio e a far capire quanto larrivo del giocatore, con le motivazioni che si porta dietro (lobiettivo, dichiarato, riconquistare un posto per il Mondiale in Sudafrica), possa rivelarsi invece un acquisto quanto mai azzeccato. Che arriva nel momento giusto, e con la persona giusta, a colmare una lacuna che la squadra si porta dietro da troppo tempo. «È il giocatore che manca alla Roma» ha detto lex allenatore giallorosso. «Dopo essere stato umiliato e mortificato in Germania, Toni saprà certamente prendersi una rivincita».
Una storia, la sua, costruita anche grazie a scelte non sempre facili. Come quella che, in tutta umiltà, gli fece decidere di ripartire dalla B, nel 2003, a ventisei anni. Fu col Palermo, dopo i due anni a Brescia e la stagione (quella 2000/01, in cui la Roma si appresta a a vincere il suo terzo scudetto) che lo aveva visto esordire in A col Vicenza. Una scelta azzeccata. Anche allora. Premiata con i 50 gol messi a segno in quei due anni (il secondo in A, dopo essere stato tra i protagonisti della promozione, vincendo anche la classifica dei cannonieri in quel campionato cadetto con 80 presenze complessive in maglia rosanero. Da lì il grande salto. I due anni alla Fiorentina, con il secondo conseguente ad una promessa fatta ai Della Valle, mentre lInter si faceva avanti agguerrita per ingaggiarlo. In maglia viola, nel 2006, arrivano anche la Scarpa dOro, grazie alle 31 reti segnate in campionato (primo italiano in assoluto a vincerla, prima di Totti), che lo vedono far meglio anche di Batistuta, e la massima consacrazione in azzurro, guarda caso proprio in Germania. Due titoli, quello di super cannoniere europeo e di campione del Mondo che - insieme allaver militato entrambi nella Lodigiani - accomuna Luca a Francesco Totti, suo sponsor e mentore oggi nella Roma. Dopo Firenze, Monaco. Ed è storia recente. Con i trionfi di cui dicevamo ma anche la conclusione di un rapporto che, non più tardi di qualche mese fa, non sarebbe sembrata neanche immaginabile. Colpa dello scarso feeling con il tecnico. «Quattro lunghi mesi di disagi e incomprensioni con lallenatore» scrive Luca, esasperato, sul suo blog, scusandosi con i compagni per la reazione avuta nel corso della partita con lo Schalke. Un comportamento, dice, che non ha «precedenti nella mia carriera professionale». E da cui Toni intende ripartire. Per prendersi le sue rivincite, naturalmente a Roma. Ma torniamo indietro. A prima della A. A quando il suo ruolino, anno dopo anno, sembrava invece relegarlo sempre più nelle serie minori. Gli inizi nelle giovanili del Modena, con Cinesinho a fargli da maestro, e poi lesordio da professionista nel 94, in C1, con gli stessi gialloblù. Quindi una stagione ad Empoli, in B, con 3 partite e un gol, una con il Fiorenzuola, di nuovo in C1 (26 gare con 2 reti) e, nel 98/99, la prima e plosione con quella Lodigiani - allenata allora da Guido Attardi e che ritrova oggi sotto le nuove spoglie di Cisco Roma - con la cui maglia mise insieme 31 presenze e 15 gol. «Il calcio è sempre stato il mio sogno - ha detto più volte Luca. - E i sogni si realizzano con il sacrificio. Quello che mi hanno insegnato i miei genitori». Sono soprattutto loro, il padre Gianfranco e la madre Valeria, tra gli artefici del sogno che si è concretizzato. Lui, imbianchino in pensione, e lei, che lavora ancora come bidella. Che nonostante i successi del figlio, non hanno voluto cambiare la propria vita. E poi, il fratello più grande, Andrea, che lo strappava dal biliardino per portarlo a tirar calci al pallone sul campetto delloratorio. Una vita fatta di sani principi. Da terra emiliana. Gli stessi trasmessi al piccolo Luca, in quel di Stella, frazione di Serramazzoni, sullappennino modenese. Il pullman la mattina, per andare e tornare da scuola, a Pavullo; il pullman il pomeriggio, per andare a Modena ad allenarsi. n mezzo, il tempo di un panino, lasciare i libri e prendere la borsa con gli scarpini. Se si inseguono i sogni, ècosì che bisogna fare. È così che si diventa Luca Toni. Il giocatore con i piedi per terra, ma bravo di testa come pochi. Conla faccia da bravo ragazzo, educato. Senzatroppi grilli per la testa. Con la compagna, Marta Cecchetto, top model tra le piùaffermate oggi in campo internazionale,che lo segue da dodici anni. Da quando tutti e due erano semplicemente due ragazzi e il successo, per entrambi, sembrava così lontano da venire. Anche se così forte era il desiderio di raggiungerlo. Limportante, allora, era solo volerlo. Il sito del Bayern, in cui Luca campeggiava fino a ieri con il suo numero 9 sulle spalle e che oggi lo saluta e lo ringrazia, ne faceva anche un ritratto del carattere: allegro, socievole, ottimista e romantico lo definiva la scheda. E con lhobby dei film. Con laugurio, aggiungiamo noi, che il suo, di film, in giallorosso, sia davvero da Oscar. O, se volete, da Numero Uno.